Lo dice in un comunicato la Sezione Lucca e Valdiserchio. “In questi giorni nella Valle del Serchio è in corso una discussione circa l’inopportunità dell’apertura di un locale da gioco e sale slot, posto tra i Comuni di Coreglia Antelminelli e Borgo a Mozzano.
In periodi di crisi, con l’accrescersi delle disuguaglianze economico-sociali, la contrazione del welfare e l’inasprirsi delle situazioni di bisogno anche estremo, per milioni di italiani il ricorso alla fortuna sembra rappresentare l’unica, ma illusoria opportunità per «rimettere a posto le cose». Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità circa un milione e mezzo di italiani rientra nella categoria dei giocatori affetti da disturbi comportamentali compulsivi.
Ma la questione non è riducibile a livello di patologia. L’ambito di ragionamento deve essere più ampio: etico, politico, economico e al tempo stesso civile. Il gioco d’azzardo di massa, forse, trasferisce ricchezza, ma non ne produce. Redistribuisce ricchezza ma non in senso virtuoso. Questo gioco produce quindi solo disvalori e dipendenze.
Il PCI ritiene che occorra uscire, anche in questa materia, dalla logica del libero mercato, per cui trattandosi di un’attività imprenditoriale, questa non possa essere vietata, ma solo sottoposta a limitazioni e controlli. In uno Stato civile non si dovrebbe consentire una redistribuzione del reddito alla rovescia; con il gioco d’azzardo si spostano ogni anno miliardi di euro, da un esercito di giocatori, spesso disperati ed alienati, allo Stato stesso ed ai gestori del business; riguardo a questi ultimi sono note le inchieste aperte in molte parti del Paese circa le infiltrazioni della malavita e le possibilità di riciclaggio di denaro sporco. Riguardo al ruolo dello Stato, questi realizza una sorta di tassazione impropria, completamente aldifuori dei criteri di progressività e capacità contributiva previsti in Costituzione. Le stesse limitazioni previste dall’attuale normativa, tese a regolamentare l’apertura di sale slot in base a distanze metriche rispetto a luoghi cosiddetti sensibili ed a tutela soprattutto dei minori, appaiono del tutto insufficienti; il lavoratore, il precario, il pensionato, il disoccupato o il piccolo imprenditore, che lasciano parte più o meno significativa del proprio reddito nel gioco, non sono anche loro soggetti deboli e “obiettivi sensibili” da tutelare?
Non solo, l’invasione dei nuovi giochi a moneta rischia di compromettere destinazione e natura di luoghi da sempre ritenuti di aggregazione. Avete presente come sono cambiati i bar rispetto a 20 anni fa? Oggi, che a causa della crisi i ricavi dei bar si sono assottigliati, gli introiti derivanti dalla installazione di macchinette da gioco rappresentano una percentuale non trascurabile. Ecco che allora bisogna lavorare anche in un’altra direzione; sostenere i commercianti e i titolari d’impresa – ad es. bar, edicole, benzinai, etc. – che intendano escludere o liberare le loro attività dal gioco d’azzardo, rinunciando agli introiti che ne deriverebbero; realizzare quindi, sul piano locale e nazionale, una forte riduzione della pressione fiscale, per gli esercizi in questo senso “virtuosi”. Negli ultimi anni normative nazionale e regionali, ma anche di amministrazioni locali, sono intervenute in tale direzione; tuttavia le agevolazioni previste ci sembrano poca cosa, sicuramente non sufficienti a garantire una massiva inversione di tendenza.
Recentemente sulla stampa locale sono apparsi dati preoccupanti sul fenomeno della ludopatia e sulla spesa media pro capite nei vari Comuni in giochi e slot. Come se niente fosse se ne autorizza una nuova, più grande di tutte le altre della zona, a pochi metri da una grande pizzeria frequentata da giovani e ragazzi!!!
I comunisti ritengono che di tante cose c’era bisogno nella nostra Valle, ma sicuramente non di una nuova sala da gioco! Meno sale da gioco e slot, maggiore giustizia sociale! Perché non tornare allo spirito originario delle Case del Popolo?”
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