Armi, divise e attrezzatura militare originale si affiancano a periodici, cartoline e foto nella mostra “Grande Guerra: la stampa ritrovata. Periodici della Valle del Serchio e Corriere illustrato” voluta e organizzata dalla Fondazione Ricci Onlus e curata da Nazareno Giusti, Sara Moscardini e Ivano Stefani, che termina sabato 27 ottobre alle 18. Tutti gli oggetti militari sono messi a disposizione dall’Associazione Linea Gotica della Lucchesia su interessamento del Col. (Ris.) Vittorio Lino Biondi, esperto di storia militare che ha anche curato il loro allestimento.
“Si tratta di materiale militare della Prima Guerra Mondiale – spiega Biondi -. Fucili italiani, austriaci e tedeschi, pistole, bombe a mano, tutto disattivato ma originale. Poi uniformi ed equipaggiamento, con in particolare uno zainetto austriaco da combattimento, mantelle, elmetti. C’è anche una bicicletta pieghevole da bersagliere marca Bianchi, una decina di fucili ‘91, cartucce della S.M.I., pistole italiane e austriache, elmetti Adrian modelli 15 e 16 e tedeschi modello 16 , giberne, materiale di trincea, gavette, borracce, coperte”.
Come erano vestiti i nostri soldati? “Il fante italiano entra in guerra con una uniforme da combattimento di un livello superiore agli altri – prosegue – perché ha una divisa molto funzionale adottata nel 1909, di panno grigio verde che stravolge i canoni di visibilità operativa esistenti. Infatti fino alla fine dell’800 le divise hanno colori sgargianti, ben visibili da lontano, perché funzionali alle battaglie in campo aperto in cui i fucili e le artiglierie creavano una grande quantità di fumo. Nel 1884 il chimico francese Paul Marie Eugène Vieille brevetta una polvere ‘senza fumo’, chiamata “Polvere B” . Da quel momento viene a cadere la necessità di divise sgargianti, ed emerge la necessità operativa inversa; adottare divise che non si vedano così bene, migliorare il mimetismo. Inizia la guerra moderna. Luigi Brioschi, industriale e presidente del CAI di Milan, in seguito alle letture sull’allungamento del braccio operativo nella guerra russo-giapponese, studia e brevetta una divisa di panno grigio-verde che ben si attaglia alla morfologia del nostro territorio. Produce 40 uniformi e fa eseguire una manovra di esercitazione riscontrando il vantaggio di visibilità che dà. Il problema è che entriamo in guerra senza elmetto. I Francesi hanno l’Adrian modello 15, fatto come quello dei pompieri, e ne compriamo un quantitativo insufficiente: cinque per ogni compagnia. Iniziamo a produrlo simile, semplificato in unico stampo: è l’Adrian modello 16, comunque non idoneo perché troppo leggero. Anche i Tedeschi usano un elmetto non idoneo di cartone e cuoio, con un vistoso chiodo centrale la cui base forata aveva lo scopo di favorire l’aereazione, ma nel 1916 producono lo Stahlhelm modello 16 in acciaio, quello divenuto classico nell’iconografia del soldato tedesco, con conformazione svasata che protegge le tempie; è spesso e robusto, e salva i soldati dalle schegge. Poi c’è il fucile ’91, che da solo meriterebbe un lungo racconto..”.
L’iniziativa, che ha il logo della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per gli Anniversari di interesse nazionale, è realizzata dalla Fondazione Ricci con le sue competenze interne, l’Istituto storico Lucchese sezione di Barga, in collaborazione con l’associazione Linea Gotica della Lucchesia, con il patrocinio del Comune di Barga e il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
La mostra rimane aperta a ingresso libero fino a sabato 27 ottobre compreso, con i seguenti orari: 10-12 e 15-18. Info: Fondazione Ricci Onlus, 0583724357, fondricci@iol.it, www.fondazionericcionlus.it, Facebook “Fondazione Ricci Onlus”.
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