Non è una provocazione culturale, anche se potremmo definirla tale, il considerare quella figura che chiude o apre la storia religiosa raccontata dal pulpito del Duomo di Barga, come l’effige del patrono San Cristoforo.
In effetti, guardandola e vedendola occupare non solo l’ultimo arco cieco ma uscendo dallo stesso, Guido di Bigarelli di Bonagiunta, detto Guido da Como (vissuto circa i primi tre quarti del secolo XIII), autore della totale scultura del pulpito, non è da considerarsi colto in un errore di proporzioni. Ciò non è da guardarsi come detto, bensì, che avesse scolpito una figura gigantesca rispetto alle altre, con il nimbo del Santo fuoriuscente dall’arco superiore e con i piedi dello stesso poggianti sotto il profilo inferiore dello stesso arco cieco, perché l’Opera del Duomo gli aveva commissionato di rappresentare San Cristoforo.
Giova ricordare che il primo nucleo dell’attuale Duomo vide la sua costruzione sul finire del secolo XII, intitolata ai Santi Jacopo e Cristoforo. A tale proposito si vadano a leggere gli studi di Raffaele Savigni, pubblicati in questi anni passati negli atti dei convegni di studi che si tengono a Castelnuovo Garfagnana e vedremo che la chiesa barghigiana, dedicata a Santi Cristoforo e Jacopo, è citata in documento dell’anno 1267 (Archivio Arcivescovile di Lucca) appunto, come costruita circa la fine del secolo XII. Probabile che quest’autorevole citazione, sia la più antica di tutte le altre in riguardo all’intitolazione della chiesa, come anche alla sua costruzione, che si prefigura una riedificazione sul solito sito di un’ignota chiesa, da alcuni voluta in San Vito.
In tale ottica, saputo che la celebre statua lignea del Santo che ha il Bambino sulla spalla, visibile nella sua nicchia che sta in fondo al Duomo, classicamente si vuole sia stata eseguita nell’ultimo quarto del secolo XIII, allora la raffigurazione dello stesso Santo sul pulpito costituirebbe, se giusta è l’intuizione, un precedente iconografico, sino a pochi anni addietro, non codificato come tale. Infatti, il pulpito, classicamente voluto eseguito circa gli anni cinquanta del secolo XII, seppur da un documento dell’anno 1238, che codifica un Guido da Como chiedere ragione in Barga di una somma dovutagli, potrebbe farlo risalire a quel tempo, comunque sia stato, o questa data o l’altra approssimativa, ci fanno capire che il pulpito sia precedente alla statua lignea di San Cristoforo e che il santo scolpito nel marmo sia più antico.
Resta un enigma capire perché San Jacopo a Barga dovette lasciare il campo al solo San Cristoforo, nel senso che non è effigiato nel pulpito, salvo pensare a un fatto specifico, ossia, che la chiesa in quel tempo si volesse intitolare al solo San Cristoforo, molto venerato in particolari ambienti di natura “ospitaliera”, magari già tralasciando San Jacopo, forse imposto nel binomio. Sappiamo però, che anche ad Altopascio i due Santi erano accoppiati, almeno sul finire del secolo XI, poi restando nel tempo il solo San Jacopo mentre a Barga San Cristoforo. Comunque sia stato, San Cristoforo, aveva una sua specifica protezione sui viandanti e particolarmente nei punti di attraversamento delle acque, come chi lo vedesse nel giorno del viaggio, fosse certo, di essere immune da una morte improvvisa.
L’attraversamento delle acque è pertinente alla natura dei nostri luoghi, solcati da numerosi torrenti e rii che conducevano i pellegrini alla ricercata vista e alla preghiera di fronte al Santo di Barga, prima di proseguire il viaggio per il Volto Santo di Lucca o oltre, ovviamente dopo aver valicato l’alpe all’antico passo del Saltello, la cui via proviene da Rocca a Pelago. Se invece il pellegrino, senza voler raggiungere Barga, sempre dal passo del Saltello, avesse proseguito la via verso Lucca sul crinale Sommocolonia, San Quirico, Castelvecchio, poteva sostare all’ospitale di San Jacopo al Ponte a Popolo, prima di varcare il Serchio per introdursi sulla via dei Lombardi, l’attuale Fondovalle. Questo per dire che il culto dei due Santi era ben presente nel territorio di Barga e allora? Altra ipotesi circa l’abbandono del culto di San Jacopo nel Duomo di Barga, potrebbe essere stata la devastazione della Pieve di Loppia ordinata dal Vescovo agli armati di Lucca, anni 1230-34. Da ciò l’ingresso nella chiesa di Barga del culto di Santa Maria Assunta della stessa Loppia, in attesa di tempi migliori che poi non verranno, sino alla codificazione del fonte battesimale alla chiesa di Barga, anno 1256 e infine il tutto della Pieve alla chiesa di Barga l’anno 1390. Si ricordi che l’anno 1240, Gregorio IX (1170-1241), avrebbe voluto a battesimale la chiesa di San Pietro in Camposanpieri, come Loppia nel territorio di Barga in luogo aperto, e ne fece bolla, poi inattesa per circostanze che qui non è il caso di ripetere. Quanto detto or ora per far capire che la Pieve di Loppia era stata veramente devastata dai lucchesi.
Tornando all’immagine di San Cristoforo nel pulpito del Duomo di Barga, l’intuizione è abbastanza recente e lo scrivente crede essere molto plausibile. Prima di dire chi abbia intuito in quell’effige il Santo patrono di Barga, corre l’obbligo di indicare cosa ci prospettano gli studi effettuati sul pulpito di Barga circa l’assunto.
Per esempio, il canonico Pietro Magri, nel suo libro “Il Duomo di Barga” del 1886, non azzarda nessuna risposta, dicendo che in quel quadro del pulpito oltre i Magi che vanno a onorare il Bambino e la Madonna, ci sono altre due figure di santi che dice di non riconoscere.
Più tardi, esattamente nel 1916, il proposto di Barga Alfredo Della Pace, scrive nel suo libro “Il Duomo e le Terre Robbiane di Barga”, che quella figura “indica probabilmente Mosè, legislatore del popolo ebreo, che abbassa la verga e nasconde il rotolo della legge, per significare che è venuta la nuova legge, che è sorto il legislatore eterno.”
Per citare altri osserviamo ciò che scrive in proposito Gigetta Dalli Regoli, nello studio “Coerenza, ordine e misura di una Maestranza: il Pulpito di Barga e i Guidi”, 1992, in Critica dell’Arte Medievale: “L’altra componente esterna al racconto, quasi un testimone … il rotolo stretto in una mano e la palma dattifera … indicano già con un certo margine di sicurezza che si tratta di un profeta, o di un personaggio autorevole del Vecchio Testamento, sostengono la nobiltà della figura anche il nimbo a scodella e la veste dalle ricche bordure, ma certo più caratterizzante è la robusta verga fiorita che egli tiene davanti a sé … L’attributo potrebbe individuare Aronne o Mosè …”
Quella definire dalla studiosa la verga in mano alla figura con “palma dattifera”, riporta molto all’iconografia di San Cristoforo, rappresentato a volte con la mano destra che regge una palma, così come si vede San Cristoforo all’interno del Museo, raffigurato sulla parte di fronte all’ingresso.
Vediamo ora cosa ci dice l’ultimo studioso e soggetto del presente articolo. Stiamo parlando di mons. Pasquale Jacobone, autore dello studio pubblicato nel n° 27 della rivista FMR, settembre – ottobre 2008, premettendo che la sua idea è condivisa dallo scrivente.
“All’esterno sinistro del pannello, nel primo archetto cieco, è infine collocata una grande figura nimbata che per le sue dimensioni fuoriesce dai bordi e reca nella destra un bastone o verga fiorita e nella sinistra un rotolo chiuso.
Variamente interpretato come un profeta, come Mosè o Aronne, tale figura in realtà non può che riferirsi, nel nostro contesto, al Santo titolare della chiesa, a San Cristoforo, la cui figura gigantesca, questa volta scolpita nel legno, appare anche nell’abside.
È lui il testimone della fede che guida e protegge la Comunità di Barga e che ancora una volta trasmette e “trasporta” sulle spalle il Cristo, qui presente non nella forma del Bambino ma nella parola (il lettorino posto sul capo nimbato).
Per altro, non credo casuale il mantello che si chiude al petto, simile a quello del San Cristoforo della statua lignea.
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