L’urgenza di un’ecologia integrale: incontro del 4 aprile alle sale parrocchiali di Fornaci

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Una quarantina di persone si son riunite mercoledì scorso 4 aprile nella sala parrocchiale di Fornaci per riflettere sul tema “capire la catastrofe per iniziare ad uscirne” con Francuccio Gesualdi allievo di Don Milani alla scuola di Barbiana nel Mugello.

Francuccio ha iniziato il suo intervento dipingendo i tratti della catastrofe ecologica e sociale che si sta consumando sotto i nostri occhi ma che non riusciamo a vedere nella sua complessità, anche perchè i media non ci aiutano per niente a decifrarla ma anzi, per certi versi, ce la nascondono, propinandoci una pubblicità martellante e ingabbiandoci in un mondo di consumi che, mentre addormenta le coscienze, finisce per aggravare sempre di più i problemi.

Francuccio ha dunque mostrato come il deterioramento degli equilibri del pianeta sia dovuto da un lato alla progressiva erosione delle sue risorse (solo un esempio: ogni anno perdiamo 12 milioni di terra fertile a causa della cementificazione e dell’agricoltura industriale che polverizza la terra) e dall’altro lato alla contaminazione di acqua, aria e suoli con rifiuti e sostanze nocive che avvelenano il pianeta.

Il discorso si è poi focalizzato sul concetto di ecologia integrale che è al centro dell’enciclica Laudato sì di papa Francesco uscita nel giugno del 2015: un’ecologia a tutto tondo basata sul rispetto della natura, dei beni comuni, delle comunità e delle persone considerate in tutte le loro dimensioni e non come semplici consumatori, come invece le considera oggi il sistema.

Due sono stati gli esempi di piste percorribili per attuare l’ecologia integrale: uno è quella di applicare il principio di precauzione per cui finchè non è dimostrato che una nuova produzione o una nuova tecnologia non è nociva, non la si mette in atto. Oggi invece accade il contrario e cioè che pratiche apportatrici di profitto vengano avviate e poi spesso, anche di fronte a evidenti conseguenze negative per la salute e o per l’ambiente, venga invocata comunque la mancanza di prove certe della loro nocività per continuare a portarle avanti, indisturbati.

L’altra proposta di Francuccio per l’attuazione dell’ecologia integrale è quella di una riscoperta della lentezza: se oggi è il mezzo tecnologico a determinare i nostri tempi di vita, dobbiamo però pensare che, ad esempio nel settore dei trasporti, la nostra velocità naturale a piedi è di 6 chilometri orari e che un rallentamento dei ritmi frenetici della nostra vita non potrebbe che farci bene.

E’ intervenuta poi Irene Bonaccorsi del gruppo Bilanci di giustizia di Pisa che ha raccontato l’esperienza di comunità di famiglie che si ritrovano all’insegna di una nuova socialità e sperimentano pratiche di autoproduzione analizzando il loro bilancio familiare e cercando di spostare le loro risorse verso acquisti sostenibili per l’ambiente e le persone.

Infine è stata la volta di Sergio Fenicia ci ha raccontato l’esperienza del Gruppo di Aquisto Solidale  Laudatosì, sorto nella parrocchia di Santa Caterina a Pisa: è un GAS che riunisce 33 famiglie che si sono aggregate per fare acquisti consapevoli da contadini, pastori e artigiani locali in modo da accorciare la filiera e aiutare a ricostruire localmente il tessuto di una nuova economia sostenibile.

Nel dibattito finale è stato avanzato un dubbio: si è chiesto se possono bastare le scelte etiche individuali (ad esempio quella di rifiutare di fare acquisti inquinanti o quella di acquistare prodotti locali da aziende eticamente pulite) per creare un movimento contro il sistema consumistico oppure se è necessario agire sul piano del cambiamento politico? La risposta di Francuccio è stata che il cambiamento necessario dovrà essere a 360 gradi e dovrà farsi cambiamento culturale (con una rivalutazione di ciò che conta veramente), cambiamento di prassi politiche (con scelte politiche coraggiose che fermino lo strapotere della finanza globale e difendano i beni comuni e la dignità dei più deboli), cambiamento di modello economico (che sappia stare con equità entro i limiti ecologici del pianeta) e, non ultimo, un cambiamento di modelli educativi e di modi di costruire le relazioni nei territori a partire da una ricerca interiore di ricentramento sui valori di fondo da attuare nella solidarietà.

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