Come visto nel precedente articolo, sin dalla morte la memoria del beato Michele fu soggetta a venerazione, con dei picchi particolari nei vari secoli sino a oggi e che vedremo seguire.
Iniziamo con il secolo XVII, tempo in cui fu tributata dai barghigiani una particolare attenzione al Beato. Infatti, come già osservato nel precedente articolo citando dei fatti avvenuti circa l’anno 1663, abbiamo capito che in quel tempo si fece pressante qualcosa di attinente alla memoria del Beato che ancora non si è detto e allora vediamo cosa accadde ancora in quell’anno a Barga.
Il giorno è martedì 15 maggio 1663 e siamo entrati ora nel Consiglio Generale della Terra di Barga, situato nella sala grande di Palazzo Pretorio, convocato nel giorno precedente su richiesta del podestà Zanobi Pauli assieme ai Consoli e ora è radunato, “more solito”, dopo il richiamo sonoro della campana del Duomo. Vediamo che sui banchi siedono ventiquattro dei trenta ufficiali, tra Consoli, Capitani di Parte Guelfa, Difensori e Consiglieri; comunque la riunione ha il numero sufficiente per legalmente deliberare.
Dovranno discutere e deliberare sui vari punti che presenta l’Ordine del Giorno, tra cui, fare anche un pubblico attestato diretto a chiunque e con valore perpetuo, circa la santa vita del beato Michele da Barga, sulla verità della fondazione da lui attuata del convento e chiesa delle monache di Santa Elisabetta e del convento di Santa Maria delle Grazie dei Minori Osservanti. Inoltre, dichiarare che le sue ossa sono all’altare della Natività di Nostro Signore (quello con la pala robbiana), poi spostate in quest’anno o poco dopo all’altare a lui espressamente dedicato, realizzato dai discendenti della famiglia Angeli, il Cavaliere di Santo Stefano, Nicolao (1), le cui insegne sono ben visibili sull’urna e sul fronte dello stesso altare.
Dopo questa nostra introduzione, vediamo i consiglieri intrattenersi circa il culto prestato al Beato, ed ecco di quella discussione cosa trascrive il cancelliere sulla delibera, tra l’altro approvata all’unanimità: “Et detto suo corpo e reliquia si mostra al popolo da questi padri alcune volte dell’anno et fangli toccare corone, medaglie et brevi per metterle addosso agli ammalati … nel quale Altare della Natività si vede l’immagine di detto Beato servo di Dio fatta di terra cotta circa gli anni di N.S. 1500, in atto di adorare Gesù Bambino … per essere così la verità per quanto abbiamo hauto tradizione de nostri antichi et antenati e poi di presente …”. (2)
Perché questa delibera? Precisamente non lo sappiamo, però i casi possono essere due: che il culto del Beato potesse incorrere nella negata prosecuzione a seguito dei decreti sulle beatificazioni di Papa Urbano VIII, la “Caelestis Ierusalem” del 1634, che, di fatto, lo impediva se non codificato prima del 1534 e approvato dalla Santa Sede, salvo che il culto prestato, se precedente ai cento anni della retroattività degli stessi decreti, fosse documentato e quindi portato all’esame per la definitiva approvazione.
Il secondo caso è correlato con il primo: che in quegli anni si stesse definendo, sempre a seguito dei decreti di Urbano VIII, la causa dell’ufficiale beatificazione, eventualmente non giunta a nostra conoscenza, con il Comune di Barga, che senza indugio alcuno, comprovando quel culto espressamente lo convalida nella corposa delibera.
A queste osservazioni possiamo aggiungere che anche nel secolo XIX e XX, fu promosso il culto prestato al Beato con l’idea di una canonizzazione, cioè, di enumerare il Beato Michele tra i Santi, che però non ebbero un felice esito per l’impossibilità di avere notizie sulla sua vita prima dell’ingresso nell’Ordine dei Minori Osservanti, ossia, in precedenza al 1434.
Tornando sui nostri passi, altro picco di venerazione si ebbe nel corso del secolo XVIII, a cura delle famiglie Bertacchi e Menchi, che a loro spese, ovviamente in accordo con i frati del convento di Barga, introdussero circa gli anni trenta del ricordato secolo, una pubblica processione in Barga con l’urna del Beato. A conferma dell’assunto riportiamo una memoria delle monache di Santa Elisabetta del dì giovedì 11 giugno 1733 che dice: “Essendo stata portata processionalmente da tutto il Clero la cassa dell’ossa del Beato Michele dell’Ordine di S. Francesco di questa terra per ottenere la serenità del tempo, ebbeno la fortuna di adorare le sue sante reliquie dentro del Monastero essendoci state portate dai Rev. di Padri dell’Ordine nostro, secondo che erano stati da noi Monache di S. Elisabetta pregati.” (3)
Circa le feste in onore del Beato e l’impegno in ciò delle famiglie Bertacchi e Menchi, ne troviamo traccia anche nel manoscritto “Vita del Beato Michele da Barga” dell’anno 1791, scritto da, fra Pier Grisologo Orlandi (4) guardiano del convento di Barga e stampato senza data circa la fine del secolo XIX dalla tipografia Turri di Castelnuovo Garfagnana, però con aggiunte ottocentesche. Qui si può leggere, appunto, chi avesse preso a cuore e provvedesse alle settecentesche spese per le feste del Beato Michele, confermate nelle due famiglie barghigiane, appunto, quella dei Bertacchi e dei Menchi.
Per quanto riguarda l’interessamento della famiglia Bertacchi (allora in possesso dell’odierno palazzo Cordati) siamo in grado, grazie a documenti in possesso dello scrivente, di capirne un poco il modo operandi. Entrando nei fatti, vediamo che il maggiore interessato è Messer Giuseppe Bertacchi di Barga cancelliere a Pontassieve e lì dimorante, che entrato in possesso dell’Eredità Massa, appartenuta a sua madre Maria Francesca Massa morta l’anno 1743, risalente al rispettivo padre Anton Francesco Massa, nonno del cancelliere Giuseppe, con queste entrate badava a certe spese, tra cui le feste in onore al Beato Michele. Questa cospicua eredità aveva un curatore in Barga nella persona del dottor Anton Filippo Bertacchi, zio di Giuseppe Bertacchi.
Dai “quaderni” dell’amministrazione dell’eredità Massa gestita da Anton Filippo Bertacchi, infatti, compaiono delle uscite espressamente dirette ai festeggiamenti presso il convento dei frati di San Francesco, come, per esempio, sotto l’anno 1747 si annota: “£ 18 per la celebrazione di n°30 messe fatte celebrare per la festa di Beato Michele nella chiesa di San Francesco per l’anima della fu Signora Maria Massa … Spese saldate al Padre Guardiano dei Padri di San Francesco.” Qualche anno si trova annotata anche la spesa per le richieste messe al nonno di Giuseppe Bertacchi: “Messe n°38 all’anima di Anton Francesco Massa.”
Agli inizi del secolo successivo, il XIX, esattamente l’anno 1810, il convento di Santa Maria delle Grazie cadde sotto la scure napoleonica e fu soppresso e i frati allontanati da Barga, comunque la chiesa rimase abbastanza attiva, così l’altare dedicato al Beato Michele, però decadendo i festeggiamenti. Il convento fu affidato al Comune di Barga che per la gestione, sua volta cedé una parte dello stesso, in convenzione, alla locale Parrocchia di san Cristoforo, quest’ultima nominando un cappellano per la cura del luogo: “In data 18 aprile 1811, il proposto di Barga, Monsignor Menchi, ebbe in consegna la parte del Convento destinato al Cappellano …” … “Nella chiesa di S. Francesco officerà sino al 1859 un Cappellano o Succursale della parrocchia di Barga …”. (Vedi: “Convento e Chiesa di S. Francesco”, Moreno Salvadori; L’Ora di Barga, 1995.)
Da uno di questi cappellani, il sacerdote Filippo Cecchini, l’anno 1851, rinacquero i festeggiamenti in onore del Beato Michele e la processione. Speciali feste furono tributate al Beato l’anno 1855 (5), quando su Barga, nell’estate, si abbatté un’epidemia di tifo. Così ricorda l’evento Pietro Groppi nel suo libro “Vite dei Beati Barghigiani”, pubblicato l’anno 1889 nella sua tipografia di Barga: “Il 30 luglio furono scoperte le sue reliquie (del Beato Michele) e adorate con straordinario concorso di popolo … nel giorno 4 agosto … furono portate processionalmente nella nostra Collegiata … fino al giorno 8. Giunti al 30 di agosto una trista notizia giunse a Barga, annunziando che il colera era giunto a Sommocolonia … nel 1884, il 7 agosto ricomparve il colera a Castelnuovo Garfagnana e nei paesi limitrofi, talmente che il popolo di Barga ricorse di nuovo alla protezione del B. Michele e le sue preci furono esaudite.”
Tra le due date or ora ricordate, capitò l’anno 1879, il quarto centenario dalla morte del Beato Michele, ma non fu possibile celebrarlo, nonostante ci fossero stati dei consistenti preparativi. Questo fu dovuto al critico distacco che si era instaurato tra società civile e religiosa, causato dalle leggi del 1871, dette le Guarentigie e poi dal Non Expedit del 1874, seguite alla perdita di Roma da parte del Papa. Comunque quei preparativi furono talmente importanti, tanto da decidere l’anno 1899 di festeggiare il quinto centenario dalla nascita, che per motivi anche tecnici, slittarono all’anno giubilare 1900. Una targa posta sulla chiesa di San Francesco ricorda l’evento, che scritta dal Vescovo d’Arezzo, Mons. Donnino Donnini di Barga, già proposto della locale parrocchia, così recita: “Nell’agosto del 1900, dai figli di S. Francesco, e dal popolo Barghigiano, si resero in questa chiesa, onori solenni, al B. Michele da Barga, in omaggio, a Gesù Redentore, Re immortale dei secoli.” (6)
Lo stesso vescovo Donnino Donnini, si era agli inizi degli anni ’60 dell’ottocento, come segretario dell’Arcivescovo pisano cardinal Cosimo Corsi, seppe dell’interessamento del prelato circa la canonizzazione del Beato Michele da Barga, come già accennato in precedenza di quest’articolo. Questa intenzione si riaffacciò nel successivo secolo XX.
Infatti, nel corso del secolo XX, diverse volte si pose all’attenzione dei barghigiani il Beato Michele. Una prima volta l’anno 1927, in occasione del VII Centenario della morte di San Francesco. Per tal evenienza riprese con forza l’idea di santificarlo ma, come accadde durante il secolo precedente, tutto si fermò di fronte alla sconosciuta vita prima del suo ingresso nell’Ordine. Comunque si ebbero solenni celebrazioni del Beato legato alla memoria del suo grande predecessore e fondatore dell’Ordine: Francesco.
Altre solenni celebrazioni si ebbero, su richiesta dei fedeli, durante la Guerra 1940-45, esattamente in un triduo di festeggiamenti in attesa del Perdono d’Assisi del 2 agosto, che da secoli e ogni anno, si celebra a Barga. I giorni furono il 30, 31 e 1° agosto 1944: “Riuscì affollato e devoto … nonostante il turbamento generale”. Al termine della Guerra ci furono altre celebrazioni nel 1948, dal 16 al 26 aprile, con l’esposizione dell’Urna all’interno del Duomo di Barga, che in processione fece ritorno al convento. Tra le varie iniziative celebrative ci fu la pubblicazione di un libro curato da mons. Lino Lombardi “Beato Michele Turignoli da Barga, M.O.”.
Infine, si arriva al 1999, quando allo scrivente fu accetta l’idea, da parte del proposto di Barga mons. Piero Giannini, di stampare e diffondere un opuscolo alle messe in tutte le chiese di Barga: “Pax et Bonum – Ricordando a seicento anni dalla nascita il Beato Michele da Barga (1399 – 1479)”. Si era all’inizio dell’anno e occorreva che il sesto centenario del Beato non passasse ignorato, seppur rimandato all’anno giubilare 2000. In effetti, non fu trascurato, anzi, ci fu un grande impegno che produsse anche due libri “Il culto del Beato Michele da Barga (1399 – 1479)” dello scrivente e “Il Beato Michele da Barga” di Antonio Nardini, libri presentati in Comune a Barga il 30 settembre 2000, a cura, cara memoria, del carissimo padre cappuccino Pietro Landi. Il culmine dei festeggiamenti si ebbero il 1° e il 4 ottobre, ricorrenza della morte di San Francesco.
Per chiudere quest’articolo credo interessante ridare luce a uno scritto di Piero Bargellini che parla del Beato Michele, tratto dal libro “Mille Santi del Giorno”, Vallecchi, 1994:
Beato Michele da Barga –Confessore del XV secolo
Sì, bisogna ammettere che il personaggio più famoso di Barga, nella valle del Serchio, in Garfagnana, il «nume tutelare», quasi patrono di quel ridente borgo è il poeta Giovanni Pascoli che, nativo della Romagna, a Barga volle restare dopo la morte, nel 1912 … Ma Barga è anche la patria del Beato Michele: un Beato che, ne siamo certi, anche Giovanni Pascoli avrebbe apprezzato e amato, perché avrebbe potuto vedervi condivisi i propri ideali di bontà e di umanitarismo, di mitezza e di sacrificio, illuminati – almeno nel caso del Beato Michele – da una certa e ferma fede religiosa, come una stella polare, che dall’alto guida e verso l’alto attrae.
Il Beato Michele da Barga, infatti, francescano dell’Osservanza vissuto nel ‘400, è ricordato soprattutto per la sua estrema semplicità e il vivo senso di compassione verso il prossimo, i deboli e i bisognosi. Dalla nativa Barga, seguendo il corso del Serchio e la spinta della sua carità, era sceso a Lucca, e nella città di Ilaria trovò vasto campo di azione per le sue opere buone, di consolatore e soccorritore. Combatté la sua battaglia più bella durante una lunga e funesta pestilenza che si abbatté sulla Toscana verso la metà del secolo. Allora, in mezzo agli episodi di abnegazione del francescano nei confronti degli appestati, degli orfani, delle vedove, si diffuse anche la fama dei miracoli che l’osservante di Barga avrebbe compiuto in favore della popolazione colpita.
O fu forse la sua prodigiosa carità, a far nascere attorno al Beato Michele la fama del taumaturgo? Non è facile dirlo, ma il fatto è che i miracoli si ripeterono anche dopo la morte del Beato di Barga, avvenuta nel 1479, contribuendo perciò a intessere la sua aureola di santità a voce di popolo. Una santità, come abbiamo detto, che sarebbe piaciuta anche a Giovanni Pascoli, poeta degli umili e degli innocenti, del sacrificio e della bontà, e soprattutto della solidarietà con il prossimo che soffre.
(1) Niccolò di Francesco di Jacopo Angeli (Pisa 1607 – Pisa 1668) Cavaliere Priore di Santo Stefano e Pittore
Da ragazzo fu uno dei paggi del Granduca di Toscana. Fu Operaio del Duomo di Pisa dal 1658 al 1668 e in questo suo incarico fece prelevare dall’urna del Beato Michele conservata nella chiesa di San Francesco a Barga, suo glorioso ascendente, un braccio per essere conservato tra le reliquie dello stesso Duomo pisano. Nell’inventario delle sue cose, eseguito al momento della morte, si notano tre luoghi di abitazione: una casa in Pisa, due a Barga tra cui il Palazzo al Giardino, l’attuale Villa Gherardi. Tra le varie opere d’arte possedute in Pisa, si nota “Un ritratto del Beato Michele dell’Ordine di San Francesco con cornice di legno e maschera di carta pesta dorata”.
(2) Deliberazioni del Consiglio della Terra di Barga. Anno 1663, Reg. XXXIII, pag. 219.
(3) Certamente le monache di Santa Elisabetta vollero che l’urna sostasse nel loro Monastero perché il Beato ne era stato il fondatore. Dietro l’urna che contengono le ossa del Beato Michele da Barga c’è scritto. “Ossa suis meritis multum veneranda, Beati, Arcula, quam cernis, haec, Michaelis habet: Quae populi pietas rapta tellure retexit, Auro Niclaus condidit Angelius.” In quest’urna che qui si vede ci sono di Michele, il Beato, le sue ossa molto venerate. Segue chi volle a sue spese l’urna per contenerle, cioè, Nicolao Angeli.
(4) Fra Pier Grisologo, al secolo Jacopo, nacque in San Pietro in Campo l’anno 1733 da Luca Orlandi. Il suo manoscritto del 1791 fu pubblicato circa la fine del secolo XIX, senza annotare chi l’abbia voluta, curata e neppure le motivazioni culturali. Certo è che sul finire del secolo rammentato ci fu un forte rilancio a Barga del culto del Beato Michele e allora potrebbe essere che i cappuccini del convento di Barga avessero deciso, di dare luce al manoscritto, corredandolo con notizie sul culto del Beato prestato nel secolo in corso.
(5) Dal libro: “L’Arciconfraternita di Misericordia di Barga compie 200 anni”. Pier Giuliano Cecchi, Sara Moscardini; Tipografia Gasperetti, Fornaci di Barga, 2017.
IL COLERA A BARGA: da un libro di memorie dell’avv. Gaetano Tallinucci, membro del congresso scientifico italiano e socio di molte accademie – Nato il 7 marzo 1819, Cavaliere dei Salvatori di Francia. Morto nel 1879.
Sia ricordo come in quest’anno 1854 ci fu colera in tutte le parti d’Italia.
Da Livorno, per causa di questa peste, emigrarono molte persone e vennero alcune famiglie a stabilirsi a Barga … Barga, grazie a
Dio, non è stata fino a qui tocca da questo morbo pestilenziale … Nel settembre 1855 Barga fu pure attaccata dal Colera, ove nel paese, in 20 giorni morirono 34 persone. Gli attaccati in tutta la comunità furono 84 circa.
(6) Per notizie su questo Centenario e altre ancora, si rimanda il lettore al libro “Il culto del Beato Michele da Barga (1399 – 1479) ”, di Pier Giuliano Cecchi; L’Ora di Barga, Amici dei Musei e Monumenti della Provincia di Lucca; anno 2000. Questa pubblicazione fu attuata in occasione del sesto centenario la nascita del Beato, che ricorrendo nel 1999, fu rimandato all’anno giubilare 2000.
Lascia un commento