Nel 2015 pubblicammo un articolo storico, a firma di Giuseppe Nardini, he ricostruiva la vicenda della proprietà barghigianadel Rifugio Marchetti. Visto che l’argomento è tornato di attualità in queste settimane e che in tanti ci hanno chiesto di approfondire i motivi per cui ASBUC è proprietaria dell’immobile, torniamo a riproporlo.
Nel 1937 il Comune di Barga concesse al sig. Tullio Marchetti un appezzamento di terreno di 90 mq facente parte del demanio civico di Barga presso il lago Santo con autorizzazione a costruirvi un rifugio alpino. La concessione fissava la facoltà di riscatto da parte della proprietà del fondo a termini di legge, ovvero pagando il valore delle opere murarie autorizzate.
Tra gli anni ’50 e ’60 il rifugio fu più volte ampliato fino ad occupare una superficie di circa 220 mq. Oggi i rapporti tra l’attuale conduzione del rifugio e l’ente di gestione del demanio civico di Barga risultano irrimediabilmente compromessi per inosservanza di accordi e contratti che è oggetto di una battaglia legale ancora in corso.
Ma perché la proprietà collettiva della comunità di Barga, da tempo immemorabile, si estende sul versante modenese dell’Appennino fino a comprendere parte della zona prospicente il lago Santo? Le ragioni non sono completamente note ma certamente la disponibilità di quel territorio non deriva dalla generosità dei Montegarullo come affermato in un precedente articolo a firma di Milena Vanoni, (La Nazione del 10 Luglio u.s.).
Di Neri da Montegarullo (inizio 1300) sono noti i suoi buoni rapporti con Barga e con Firenze, ma non esiste alcuna prova di tale donazione; di suo nipote Obizzo di Cortesia da Montegarullo (1347-1411) sono invece documentate le rivendicazioni della parte di “Selva Romanesca” nella disponibilità dei Barghigiani. Le sue pretese si esaurirono definitivamente nel processo tenuto a Barga il 5 Luglio 1374.
Le proprietà della gente di Barga oltre l’Appennino, nel respingere le frequenti rivendicazioni di parte Estense, trova costante conferma in numerose sentenze e soprattutto nel lodo di Pierino Bello del 1568.
Pierino Bello, giureconsulto di Alba, fu incaricato da Emanuele Filiberto di Savoia a cui il Duca di Ferrara Alfonso II d’Este e Cosimo I de’ Medici si erano rivolti per addivenire ad una sentenza di “onesta concordia”. Il lodo confermava la proprietà della Comunità di Barga e la giurisdizione di Firenze sulla zone in questione. Stabiliva pure che il pascolo delle Fontanacce fosse goduto ad anni alterni dalla gente di Pievepelago e di Barga.
Con il trattato di Firenze (1844) si convenne di portare il confine giurisdizionale tra le due comunità in corrispondenza del crinale dell’Alpe, ma Barga mantenne la proprietà del terreno geograficamente posto in quella che di lì a poco, con l’unità d’Italia, sarebbe divenuta la Regione Emilia.
Nel 1926, il comune di Pievepelago promosse causa nei confronti di Barga per ottenere lo scioglimento della promiscuità di pascolo nelle Fontanacce. L’annosa vicenda si chiuse ufficialmente nel 1986 con la generosa attribuzione alla Comunità di Pievepelago di 196 ha. di terreno attorno al lago Santo anche se questi erano certamente più vocati al turismo che al pascolo…
L’istruttoria demaniale condotta dalla Regione Toscana e pubblicata nel 1996 ha confermato l’appartenenza dei terreni in questione al demanio collettivo della Comunità di Barga che attualmente li gestisce attraverso un apposito comitato.
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