Una grande platea, con la presenza per il secondo anno consecutivo anche dei ragazzi del liceo sportivo, ed un’interessante discussione per presentare con gli autori dei sei libri finalisti del premio Bancarella Sport, giunto alla 54esima edizione.
Giovedì 15 giugno nell’auditorium della Fondazione Banca del Monte di Lucca in piazza S. Martino il prestigioso premio nazionale ha vissuto, come ormai consuetudine, la sua giornata tutta lucchese per iniziativa della Fondazione Città del Libro, del Panathlon International e del Panathlon Club di Lucca.
Lucca ha quindi ospitato per il settimo anno consecutivo questa straordinaria anteprima del premio ideato nel 1964, tra i cui fondatori c’era anche la sezione lucchese del Panathlon Club.
Il vincitore assoluto del Premio Bancarella Sport verrà proclamato in Piazza della Repubblica a Pontremoli sabato 15 luglio.
Hanno aperto la giornata gli interventi del presidente della Fondazione Banca del Monte Oriano Landucci, del presidente del Panathlon di Lucca Arturo Guidi e del consigliere e “anima” del premio Giuseppe Benelli.
Dopo i saluti delle autorità e dei rappresentanti nazionali e regionali del Panathlon, il giornalista Sirio Del Grande ha intervistato gli autori dei sei libri.
Dario Torromeo, per 40 anni al “Corriere dello Sport” (13 libri sulla boxe e 2 Oscar del pugilato) ha illustrato il suo libro “Anche i pugili piangono – Sandro Mazzinghi un uomo senza paura nato per combattere”, dedicato alla storia di un campione della nostra boxe che ha sofferto la fame, quella vera, che è stato sotto i bombardamenti, che ha conosciuto grandi tragedie come quella della morte della moglie Vera appena 10 giorni dopo il matrimonio in un incidente d’auto, ma che non si è mai tirato indietro rispetto alle difficoltà della vita ed ha trovato nel pugilato la sua ragione di vita, perché era nato per fare questo. La sua rivalità con l’altro grande pugile del suo tempo, Nino Benvenuti, ha spaccato l’Italia in due: Nino che “sa come giocare con le parole e sembra che gli riesca tutto facile” (aveva una naturale predisposizione alle pubbliche relazioni), Sandro più rude, veemente anche fuori dal ring e non gradito a molti giornalisti. Mazzinghi, emblema della vittoria che passa attraverso la sofferenza, è stato il campione “dei poveri diavoli” perché il suo messaggio arrivava dritto al cuore delle persone.
Paolo Condò, grande firma della “Gazzetta dello Sport” e volto noto di “Sky”, ha presentato “Duellanti”, dedicato al rapporto tra due dei più grandi allenatori del nostro tempo: Pep Guardiola e Josè Mourinho.
Nel duello Pep-Mou ci sono due stili completamente diversi: l’estetismo contro il pragmatismo, gli ideali contro la concretezza. E’ uno scontro che si rinnova ogni giorno, raccontato da Condò come fosse un romanzo, che ricalca valori da sempre in antitesi. E’ un’opera piena di citazioni, di libri e film, che si incentra sulla “guerra dei 18 giorni” tra i due grandi tecnici, quando erano al timone di Barcellona (Guardiola) e Real Madrid (Mourinho): nel mese di aprile del 2011 le due più grandi squadre di Spagna si sfidano per quattro volte, in campionato, coppa del Re e due volte in Champions League. Uno scontro totale che avrà importanti conseguenze sulla carriera di entrambi. Il parallelo è con lo splendido film “I duellanti” di Ridley Scott (1977) che narra di una rivalità simile tra due ufficiali napoleonici.
Il campione di scherma Paolo Pizzo e il giornalista della “Gazzetta dello Sport” “ Maurizio Nicita ne “La stoccata vincente: come ho sconfitto il cancro e raggiunto il mio sogno” raccontano la storia del grande spadista siciliano (tutt’ora protagonista a livello internazionale), partendo dalla sua “giornata perfetta”: il 12 ottobre 2011 con un’ultima “stoccata a pompa”, la sua specialità, è diventato campione del mondo e lo ha fatto a Catania, nella sua città: è qui che Paolo Pizzo è nato e cresciuto, qui ha fatto i primi passi su una pedana, seguito dal papà, spadista come lui, e dalla sua famiglia, dove tutti hanno lo sport nel sangue. Ma c’è un’emozione segreta, in quel risultato, qualcosa che era sepolto e riemerge in quel momento: il tumore al cervello che avrebbe potuto allontanarlo per sempre dalla scherma e dalla vita. Gli era stato diagnosticato quando era un ragazzino e si era dovuto sottoporre ad un delicato intervento chirurgico ad appena 14 anni. In questo libro il campione si toglie la maschera per raccontare come si possono vincere le gare più dure e come, con l’umiltà e la voglia di migliorarsi giorno dopo giorno, si può arrivare in alto, nello sport come nella vita.
Marco Pastonesi, ex ciclista ed ex giocatore di rugby di serie A ed importante firma della «Gazzetta dello Sport», ha quindi raccontato il suo libro “L’uragano nero”, dedicato ad una leggenda del rugby: Jonah Lomu, un «carro armato, ma veloce come una Ferrari». Al mondo si è rivelato nella Coppa in Sudafrica nel 1995, con la Nuova Zelanda in semifinale contro l’Inghilterra. Lomu dominò quella sfida, seminando un senso d’impotenza nel campo avversario.
La sua apparizione però è stata come la scia di una cometa: dopo alcuni anni straordinari, il suo fisico portentoso è stato tradito da una grave sindrome nefrosica, che l’ha costretto al trapianto di rene e che ha finito poi per prendersi anche la sua vita. Lomu, cresciuto tra i delinquenti di Auckland e salvato dal rugby, resterà nella storia dello sport come Senna o Jim Thorpe, atleti maledetti. “L’uragano nero” è anche un’opera sul rugby in generale e sui mitici All Blacks che ne incarnano lo spirito, la leggenda e la perfezione delle trame d’attacco.
Luca Dal Monte, autore di 10 libri, per anni responsabile della Comunicazione di importanti marchi come Ferrari e Maserati, ha parlato del suo monumentale “Ferrari rex: biografia di un grande italiano del novecento”.
Il volume, di oltre 1100 pagine, è corredato da documenti ed immagini del tutto inediti ed è frutto di quattro anni di scrittura e di sette di ricerche condotte su quotidiani e riviste così come su carte private mai studiate in precedenza; il tutto arricchito dalla testimonianza di molti dei personaggi della cerchia più stretta di questo uomo diventato mito. Indiscusso protagonista di questa “biografia definitiva” è soprattutto l’uomo Ferrari: dal ragazzino sognatore all’ottimo pilota dei primi anni venti, dal giovane imprenditore all’istrionico direttore sportivo della “Scuderia Ferrari” che, alla soglia dei cinquant’anni, realizza il proprio sogno diventando costruttore di automobili.
Folgoranti successi si alternano a grandi perdite, come la morte a soli 24 anni dell’amato figlio Dino, sino a quando Ferrari, come soltanto i grandi uomini sanno fare, esce di scena, in silenzio: come lui desiderava, alle esequie partecipa solo un numero ristretto di persone e la notizia viene data al mondo solo dopo il funerale.
Ne “Il grande Det : Giuseppe Alippi alpinista e contadino: una storia italiana” Giovanni Capra , insegnante ed alpinista , vincitore anche di premi per testi sulla montagna, ricostruisce la vita di Alippi, il Det per gli amici, dall’infanzia contadina alle salite delle vie più difficili sulle montagne di tutto il mondo. Il Det ha condiviso la stagione eroica dell’alpinismo italiano, quella di Riccardo Cassin, di Walter Bonatti, di Casimiro Ferrari, di Carlo Mauri.
Ha compiuto imprese straordinarie sulle sue montagne, le Grigne, così come nel mondo, sul Lhotse con Messner e in Patagonia con Casimiro Ferrari. Ma è sempre rimasto – orgogliosamente e semplicemente – un contadino con la passione per le arrampicate, che lui considerava alla stregua di un “diversivo”, nei momenti in cui poteva allontanarsi per qualche giorno dalla sua amata terra. A più di ottant’anni, va ancora nel bosco a far legna e parla della montagna come di un grande amore che è, però, sempre dovuto coesistere con il lavoro nei campi, la stalla e la caccia.
Gli autori, stimolati dal moderatore, hanno illustrato le caratteristiche principali di queste opere.
Anche per questa edizione la sestina – scelta nell’ampio panorama edito dalle più prestigiose case editrici in ambito sportivo – è sicuramente di alto livello, con autori che sono degli autentici numeri uno dello sport italiano o importanti firme del giornalismo sportivo italiano.
Il Bancarella, nato per volontà dei librai di Pontremoli nel 1952, rimane ad oggi l’unico premio nazionale che favorisce davvero la diffusione in libreria di queste opere.
Lo scopo del Bancarella Sport è, infatti, quello di avvicinare il grande pubblico appassionato di sport, che di solito si limita a leggere solo i grandi quotidiani, alla letteratura sportiva, per diffondere sempre più il piacere della lettura.
Il premio Bancarella Sport parte da lontano ed ha visto vincitori davvero importanti: da Reinhold Messner a Clay Regazzoni, da Dino Buzzati a Gianni Brera, da Sandro Ciotti a Giampaolo Ormezzano, da Gino Bartali a Gelindo Bordin, da Michel Platini ad Alex Zanardi, fino (nelle ultime edizioni) a Gianfelice Facchetti, Giovanni Trapattoni e Bruno Longhi.
Un premio che, grazie ai soci del Panathlon e alla Fondazione Banca del Monte, si è legato in maniera indissolubile a Lucca, dove questa importante vetrina nazionale viene offerta da sette anni.
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