Come come fatto ieri per Giinevra Riccomi, pubblichiamo anche il lavoro di Davide Popolizio, il secondo studente che ha vinto la sezione del Premio Giornalistico “Arrigo Benedetti”, riservata alle scuole superiori della Toscana.
L’alimentazione è sempre più considerata di estrema importanza. Una necessità. Uno dei caratteri principali della cultura e delle tradizioni di un popolo. Ma non si mangia più per vivere. O meglio, per sopravvivere. Si vive per mangiare. Controllare l’alimentazione è considerato fondamentale. I comportamenti seguiti con ossessione sono tanti. Attenzione maniacale alle diete. Controllo sui cibi sani. Visite da dietologi e nutrizionisti. Siamo continuamente edotti (e vogliamo esserlo) sui principi dell’alimentazione sana. Certe abitudini sono ritenute basilari proprio per questo e come la Dieta Mediterranea, considerata in un rapporto dell’UNESCO “alla base dei costumi sociali”. Spesso si è gelosi di certe ricette e non le condividiamo. Tutte queste informazioni, controlli e atteggiamenti sembrano non essere sufficienti a combattere i numerosi problemi legati all’alimentazione. Molte persone non si controllano. Non seguono regole alimentari. O non sono abbastanza informati, o non vogliono esserlo. “Pochissimi sanno davvero giudicare la salubrità di un alimento, molti si nutrono in modo disorganizzato” afferma il cardiologo Massimo Volpe, presidente della Siprec e aggiunge: “Dobbiamo modificare le nostre abitudini”.
Infatti, spesso e volentieri, seguiamo le nostre voglie. Mangiamo sempre ciò che ci piace. Non ciò che ci serve. Non ciò che fa bene. La globalizzazione ci ha messo di fronte nuovi alimenti e nuove abitudini alimentari. I fast-food sono sempre più frequentati, sono diventati una moda. Sono comodi, veloci (come dice la parola stessa) e sono economici. Ma i cibi che offrono non sono sani. La società consumista ci mette di fronte ad un abbondanza alimentare generata dalla produzione di massa industriale. E ci dà la possibilità di soddisfare sempre le nostre voglie. Questo lo percepiamo tutte le volte che entriamo in un grande supermercato. Gli scaffali pieni ci danno sensazione di un’abbondanza, quasi soffocante. Qualcuno si è mai chiesto che fine fa tutto ciò che scade e non viene acquistato? Questo succede anche nei grandi ristoranti, nei residence o nei villaggi per vacanze estive, dove si vedono grandi quantità di avanzi. Cibo non consumato. Sprecato. Il cibo è stato ridotto ad una qualunque merce, che viene presentata in abbondanza e per questo ci sentiamo propensi allo spreco. Come dice il gastronomo Carlo Petrini: “Se il cibo è una merce non importa se lo sprechiamo”. Questo atteggiamento non è corretto.
Quest’abbondanza non è alla portata di tutti. Perché prima di sprecare il cibo non pensiamo alle persone bisognose del Terzo Mondo e a tutti coloro che soffrono la fame? Il cibo non deve essere considerato una merce qualunque che può essere sprecata. Ogni pasto, abbondante o misero che sia deve essere considerato come un dono, qualcosa di cui considerarsi fortunati. Tuttavia dobbiamo smettere di “riconoscere noi stessi” nel cibo e fare della nostra
alimentazione il nostro primo pensiero. Bisogna fare attenzione alla nostra salute, preoccupandoci dei cibi che consumiamo, ma non dobbiamo permettere che la società consumista ci trascini in comportamenti che portano ad avere un ossessione maniacale per la nostra alimentazione. Certe fissazioni, infatti, sono la causa di problemi di salute, quali l’anoressia e la bulimia che hanno portato a forme di depressione e a non accettare se stessi. Basta pensare alle modelle che per mantenere il loro fisico “in linea” seguono diete che compromettono la loro salute o a tutte le ragazze che si impongono come obbiettivo il raggiungimento di corporature che per loro rappresentano dei modelli.
Arrivano a considerare la dieta un aspetto primario. Questi stili di vita, però, sfociano spesso nell’esagerazione e chi li segue pone l’alimentazione alla base della propria esistenza. Ma noi non siamo quello che mangiamo! È necessario seguire abitudini sane e prendesi cura della propria salute, svolgendo anche attività fisica. Non bisogna fare diventare il cibo un chiodo fisso. È molto difficile seguire le abitudini sane prescritte dai nutrizionisti, sia per perdere peso che per ingrassare. Certe prescrizioni a volte cambiano del tutto i nostri stili di vita. Spesso il paziente che non vede risultati tende a soffrire. A non accettare se stesso. Non bisogna però fare di una dieta un imposizione. Bisogna essere graduali e costanti. Capire che stiamo facendo una buona azione per noi stessi. Impegnarsi ma senza esagerare. La base della dieta non è solo il cibo. E il cibo non è una semplice merce. Il fondamento dell’alimentazione è il consumatore.
Davide Popolizio
Liceo Scientifico “Gramsci” di Firenze
classe 5 C, a.s. 2015-2016
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