Sfogliando le pagine della nostra storia ci vengono incontro tante notizie del passato, siano esse belle, brutte o in parte piacevoli, comunque sempre interessanti e che stanno, come nel caso, alla base della società che stiamo vivendo. Tra queste ce n’è stata una che ha avuto la forza di farmi correre davanti agli occhi un film già visto nella mia fantasia, che si srotola quando mi accingo a rileggere quel commovente poemetto di Giovanni Pascoli: Italy.
Tutti conoscono e sanno che il poemetto Italy, come volle Pascoli, è detto “Sacro all’Italia raminga”, a quella gran parte di gente che in altri e lontani lidi cercò lavoro sperando nel ritorno e chi rimase a sopportare il distacco pensando a loro e alla grande società vissuta come famiglia che non poteva sfamare tutti i suoi figli. Pascoli trasfonde tutto questo sentire, particolarmente attuale nell’allora Valle del Serchio, in diverse poesie e scritti ma soprattutto in Italy, prendendo a soggetto uno dei tanti drammi dell’emigrazione: la salute. Se c’è, questa può permettere ogni cosa ma quando si allontana dal nucleo vissuto, se ciò è la fine di ogni e qualsiasi sogno, lo è viepiù lontano per il Mondo, specialmente se quei due piedi poggianti in terre straniere sono mossi dall’idea del buon ritorno. Nel caso del poemetto Italy chi è forzatamente costretto a tornare a casa non è il “capoccia”, è la sua bambina Isabella (Molly) di Enrico Caproni, figlia di emigranti a Cincinnati (Ohio), speranzosi che il sole della cara Italia possa giovare alla sua salute ormai minata profondamente. Pascoli, amico della famiglia, già toccato dalla vicenda emigrazione italiana, decide che quella dolente pagina entri nei suoi componimenti sull’argomento, precisamente nei Poemetti, poi ribattezzati Primi Poemetti per non confonderli con i successivi Nuovi Poemetti; però in Italy il Poeta non fa morire Isabella (Molly), così come realmente accadde, ma la nonna cui era in affido, così come vorrebbe il “giusto” giro della vita.
Qui a seguire possiamo leggere la successiva poesia funebre che Pascoli scrisse per Enrico Caproni in ricordo di sua figlia Isabella (Molly) per essere scolpita nel marmo. Nel momento il Poeta è costretto a dire tutto quel vero taciuto ai più e così, la lapide fu posta al cimitero di Barga:
O Isabella
Fiore nostro nato sull’Ohio
Gracile fiore portato al sole d’Italia
Che ti guarisse!
O fanciullina soave
Mente di luce e cuore d’amore.
Così rassegnata al tuo precoce martirio!
Yes dicevi quando ti allontanasti dai tuoi
Sì dicesti quando partisti per sempre
A dodici anni!
Il IX gennaio del 1906
Enrico Caproni
Suo padre
P.
Dicevo nell’introduzione che nel leggere il poemetto Italy, come la lapide del cimitero di Barga, scorre davanti tutto un nugolo di struggenti immagini, molto più sentite da noi perché gente nostra; lontani palpiti nel tempo, temporale e spaziale che uno scritto rinverdisce e tiene ognora vicini al cuore. È questa di Molly, una vicenda d’emigrazione che ho rivissuto in altra lapide all’interno del cimitero di Castelvecchio. Una bella tomba dove spicca quell’angelo che accompagnò nel sonno eterno altra giovane oltre Molly: Rina di Angelo Bonaldi, morta il 9 marzo 1918, giorno del suo compleanno, a quattordici anni.
Questa seconda delle tante pensate Molly, io l’ho scoperta per caso leggendo il suo breve necrologio su La Corsonna, dove l’autore fa rivivere al lettore, il suo essenziale percorso di vita, molto simile in tutto a quello della sua sfortunata “sorella pascoliana”. Allora bisognava che andassi al cimitero di Castelvecchio, dove, con fortuna di ricerca, forse avrei trovato la tomba. Giorni orsono ciò è accaduto e trovatala sono rimasto lì a rimirarla e a struggermi al pensiero di un padre che lontano in America porta o riporta una figlia alla sua terra affinché rinforzi la sua debole salute, proprio come Isabella Caproni, Molly di Italy: “Gracile fiore portato al sole d’Italia che ti guarisse!”
Rina Bonaldi non è affidata come Molly a una nonna ma a un’ignota zia Ida e poi … muore a Barga in via del Pretorio. Pascoli è tra i morti da sei anni, altrimenti chissà, anzi certamente, ne sarebbe rimasto colpito per la similitudine della vicenda a quella narrata di Molly, ma questo non è tutto, perché, senza quel suo poemetto Italy, ambedue le vicende umane oggi sarebbero quasi sepolte nell’oblio.
La tomba di Castelvecchio recita:
“Qui riposa le care spoglie Rina di Angelo Bonaldi, rapita crudelmente ai suoi, nel suo 14° compleanno di vita, il 9 marzo 1918.”
Sotto seguono altre due scritte:
“L’immensa perdita tua o! Rina, ci ricompensa colle tue preghiere, che davanti a Dio saranno esaudite.”
“Angelo carissimo, dal seno di Dio, ove splendi, vergine bella conforta il genitore, i tuoi che sempre ti ricordano.”
Le mie ricerche in merito mi hanno portato anche all’Ufficio Anagrafe del Comune di Barga, dove ho saputo che Rina Bonaldi era nata a Castelnuovo Garfagnana e senz’altro con il padre e la mamma, insieme scese la valle per raggiungere Castelvecchio di Barga e da qui un luogo a me sconosciuto d’America e da cui fece ritorno per sempre.
Ora leggiamo insieme il necrologio che fece La Corsonna in memoria di Rina Bonaldi:
“Violentemente la morte a spezzato la fanciullezza quattordicenne di Rina Bonaldi che dall’America era venuta in Italia per rinforzare la debole salute. E qua aveva ritrovato la vita e il sorriso della sua primavera. Ma per poco, perché un male terribile l’ha colta con insidia fulminea e ha distrutto tutto un tesoro di bontà, di gentilezza, di amore.
La piccola bimba dorme ora nel verde recinto del cimitero di Castelvecchio, che nell’incoscienza infantile aveva detto di prediligere, ma laggiù lontano, nell’America, la famiglia la aspetterà in un dolce ritorno piangendo lungamente nell’attesa d’angoscia.
A questa e alla zia Ida, che fu seconda madre, un pensiero di cordoglio.” (La Corsonna, N. 6 –Domenica 24 marzo 1918.)
Pier Giuliano Cecchi
Tag: giovanni pèèascoli, isabella caproni, rina bonaldi, molly, itali
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