Ci siamo lasciati nel quarto articolo con l’idea che saremmo entrati nel Palazzo Pretorio, però lo faremo per passi e intanto iniziamo a varcare la soglia che ci introduce alla Loggia dei Podestà, dove sono esposti degli stemmi che riguardano gli antichi governatori della Terra di Barga. Uomini, spesso detti nobili ma sempre appellati magnifici, che Firenze inviava nella sua “enclave” della Valle del Serchio o meglio nella sua parte di Garfagnana che ebbe in certi periodi confini più ampi. Questi erano appellati in antico Capitani o anche Castellani, poi Commissari e Podestà e con le Riforme Leopoldine di fine XVIII secolo, Vicari di Barga.
Sin dai primi tempi che la Terra di Barga passò definitivamente a Firenze per sottrarsi dal dominio lucchese, circa il 1342-47, per la detta natura di “enclave” fiorentina della stessa Barga, cioè isolata e lontana dalla capitale come dalla più prossima città del dominio, questi uomini cittadini fiorentini, nei comportamenti non sempre eccellenti, ebbero giurisdizione nel territorio sia per quanto riguardava il Civile come il Criminale. Particolarità di Barga che per certi versi gli conferiva uno status simile a una piccola repubblica che tutto giudicava entro i suoi confini, anche se le autorità centrali erano e volevano essere ben informate di quanto si andava decidendo in entrambi i casi di giustizia.
Abbiamo detto dello status di “enclaves” di Barga e come nota di colore potremmo dire che dal bastione del Duomo che guarda le Apuane, si poteva ammirare dove le Tre Potenze: Firenze, Lucca e Modena, avevano i loro confini in questo lembo di Valle del Serchio, che durarono, tra alterne vicende, per ben cinque secoli, dopodiché divennero due, quando Lucca passò al Granducato di Toscana a seguito degli accordi di Firenze del 1844, così rimanendo solo Firenze e Modena a spartirsi la Valle.
Ora siamo entrati sotto la Loggia e vediamo sui muri degli stemmi che ci ricordano vari podestà che soggiornarono a Barga, per secoli dentro lo stesso Palazzo Pretorio, dove a un banco amministravano la giustizia. In una sala del palazzo si riunivano anche i Consoli con l’assenso e alla presenza dei podestà, per stilare i punti dell’Ordine del Giorno da portare all’esame del Consiglio Generale della Terra, convocandolo, e questo per un lungo periodo il giorno successivo e nella stessa sala, avvisando ogni membro con il suono della campana: “more solito”, cioè come di consuetudine, insieme discutendo e decidendo, “servatis servandis”, sugli imminenti bisogni.
L’ufficio dei podestà rimase sino alle ricordate Riforme Leopoldine, prima con quelle dell’anno 1772, che previdero per Barga un Vicario minore ma pur sempre con giurisdizione civile e criminale. Con un successivo atto del 1776, passaggio di Barga alla provincia fiorentina di Pisa, inizia per la stessa Barga un moderno e più dinamico periodo storico. Nei fatti, si ebbe l’abolizione della secolare magistratura amministrativa composta di sei Consoli, sei Capitani di Parte, tre Difensori e quindici Consiglieri, assieme ad altri uffici minori del Comune, e in sostituzione s’istituì l’ufficio del Gonfaloniere unitamente a quello di cinque Priori più dodici Consiglieri. Un nuovo modo di gestire il territorio che in pratica influì sensibilmente al progresso della società barghigiana, perché, anche se non del tutto, d’ora in poi le deliberazioni amministrative di Barga saranno meno sottoposte agli stretti voleri statali, con il conseguente attuarsi di un potere locale, voluto dalla stessa riforma, ancor più interessato al territorio e in parte decisivo nei suoi pensati atteggiamenti.
La nuova Magistratura Amministrativa di Barga, almeno nel dettato della Riforma, aveva l’obbligo per ogni appartenente di comparire nelle sue funzioni con “abito in forma di lucco nero”, così i consiglieri, mentre il gonfaloniere avrebbe potuto usare, quale segno distintivo, “la collana o tracolla rossa”. Una simile riforma o accortezza era stata già scritta nel XVII secolo, imponendo il “lucco” e invogliando, specialmente i consiglieri, a non presentarsi alle adunanze con le scarpe dette da “svangare”.
Al Vicario di Barga la riforma confermava ancora il suo potere, anche politico, seppur la sua funzione risentisse della nuova autorità, la ricordata maggiore indipendenza amministrativa concessa al Generale Consiglio della Terra di Barga, come in prima istanza ai priori e specialmente al gonfaloniere, tanto da vedere quest’ultima figura precorritrice il futuro sindaco, nel senso di un maggiore potere decisionale rispetto ai vecchi consoli. Questi già dal XVII secolo erano diretti da un collega con incarico di Assessore, un dottore estratto da “borsa” a parte, sin da quando Firenze decise che le cause fino a un certo importo economico fossero decise in Barga.
Lasciando questi ricordi ne prendiamo in esame altri, relativi a ciò che vediamo degli antichi stemmi esposti sotto la Loggia, come delle antiche misure che si mostrano ancora oggi su di un muro della stessa Loggia, di cui però ne parleremo in un prossimo articolo.
Riguardo al primo degli argomenti citati, gli stemmi, intanto, rendiamo evidente che già rispetto a poco più di un secolo, quelli che ora vediamo non sono tutti quelli che lo storico locale Pietro Groppi, appunto, aveva censito nella sua “Guida del Duomo e dei monumenti principali di Barga” del 1906. In effetti, il suo elenco è più lungo che quello cui noi accenneremo a seguire. Teniamo conto però che il Groppi, pur facendo una lodevole opera di memoria, in qualche caso dell’elenco da lui fatto ci pare non corretto e allora non riportiamo niente, evidenziando unicamente che in un solo secolo, e questo con certezza, qualche stemma ha preso vie ignote. Per esempio il robbiano stemma in terracotta del podestà Rinaldo Rondinelli, che durante la Seconda Guerra Mondiale, fronte della “Linea Gotica” 1944-45, con Barga terra di nessuno, da ignoti fu smurato e da allora della sua fine non ne sappiamo nulla, come di altri, causa speciale l’incuria.
Sulla fiducia riposta nel nostro storico Groppi, uno dei direttori dell’Archivio di Stato di Lucca, Eugenio Lazzereschi, nell’articolo stilato per il n° 21 de’ “La Corsonna”, anno 1936: “Gli stemmi della Loggia del Palazzo Pretorio e Bonaccorso Pitti”, all’interno del suo lavoro si propose l’elenco dello stesso Groppi. L’occasione fu il pensato e studiato restauro del palazzo di quegli anni, che poi non ebbe seguito, ma che comunque suggerì a Lazzareschi l’idea di collocare tra gli altri stemmi quello del capitano di Barga dal luglio 1402 al gennaio 1403, il “mercante e banchiere, ambasciatore e diplomatico, poeta e diarista” Bonaccorso Pitti (1354-1425), che nel suo soggiorno barghigiano tentò di far ribellare a Lucca, retta da Paolo Guinigi, la Garfagnana. A Firenze un simile atteggiamento non parve favorevole alla sia pur avversa politica contro Lucca e ben presto decise di rimuoverlo dall’incarico. Per il rientro a Firenze il Pitti, dovendo passare dalle terre lucchesi, ebbe anche l’ardire di chiedere un salvacondotto al Guinigi, ma questi negandolo comandò degli armati ai passi per catturarlo. Il Pitti rotto a ogni avventura e inganno, partì da Barga a notte fonda con venti fanti e tredici balestrieri e in cavalcata notturna, al passaggio sorprendendo ogni ostacolo, riuscì a raggiungere il territorio fiorentino.
Se questa è la sintesi dell’avventura barghigiana del Pitti, che per quanto detto non fece neanche a tempo a fornirsi di uno stemma da collocare sotto la Loggia, continuando a leggere lo scritto di Lazzareschi apprendiamo che altri stemmi di capitani o podestà di Barga, come nel caso del Comune di Lucca, in epoca napoleonica ebbero la loro fine e allora leggiamo:
“Queste armi gentilizie furono, nella maggior parte, atterrate e infrante alla fine del Settecento dall’insana violenza democratica derivata dalla rivoluzione francese; cosicché in Toscana, e in altre regioni, raramente si ritrovano intatte nelle residenze podestarili. A Lucca, per esempio, neppure una è superstite sotto la Loggia del Palazzo Pretorio in Piazza San Michele.”
Accennando agli stemmi ancora visibili, dobbiamo dire che quello del venerabile viro e Capitano di Barga Bartolomeo Gerardi, datato 1396, tra tutti è il più antico. Per altro di questo possiamo dire che identico a quest’appare alla sommità dello stipite sinistro della porta laterale del Duomo, quella che sta quasi dirimpetto alla stessa Loggia. Lo stemma in argomento ha destato interesse in diversi studiosi perché presenta in tutto lo scudo, una croce dentellata che lo rende simile a quello St. Clair, però con l’aggiunta nei quarti di quattro fiori a otto petali o stelle.
Altro stemma interessante esposto sotto la Loggia è quello policromo in terracotta di Montelupo del podestà, Cavaliere di Santo Stefano, Fausto Beltramini datato 1585, come quello di Niccolò di Pierfilippo Pepi del 1587. Mentre del precedente sec. XV si ricorda quello di Bernardo Ciahi (Ciachi) del 1424 e altri. Molto interessante è il sapersi che la Loggia fu dipinta dal “Rosso dipintore di Firenze” e probabilmente suoi sono quei frammenti colorati che ancora oggi si vedono e s’intravedono anche nella stanza a destra della stessa Loggia e nella sala grande, forse resti di stemmi commissionati e altre allegorie o ricordi di fatti particolari. Quest’ultimo dato ci fa riflettere su quanto, in certi periodi, potesse essere artisticamente ornato il palazzo.
Dal prossimo articolo faremo conoscere un elenco dei Podestà di Barga basato su tre memorie e ricerche storiche sull’argomento, che hanno inizio con l’anno 1479 e vanno sino al 1772, anno in cui cesserà l’ufficio per dare spazio ai Vicari di Barga. Per quanto riguarda il periodo precedente rispetto al 1479, la ricostruzione dei nomi, non completa negli anni, nel caso è basata solo su dati di ricerca in libri, archivistica e sugli stemmi presenti sotto la Loggia e arriverà indietro sino agli anni in cui Lucca perse la Terra di Barga dal suo dominio (1341-47). Da allora, ma anche prima, il castello fiorentino di Barga divenne “Lo stecco nell’occhio di Lucca” . In ultimo diciamo che dal nostro elenco è stato sottratto un nome di notevole spessore, questo perché sottoposto ad attenti studi circa il suo vero.
Al tempo in cui Barga fu lucchese, era stata posta a capo di una piccola provincia di quello stato, detta Vicaria, comprendente oltre alla parte barghigiana sulla sinistra del Serchio, anche il lato destro di Gallicano e la montagna che le sta dietro. Dallo Statuto di Lucca del 1308, riportiamo i nomi dei venticinque comuni della Vicaria di Barga, tratti dall’elenco per il cero dovuto alla Santa Croce, con la stessa Barga che ne doveva portare uno di quaranta libbre, il più grande o peso fra tutti i luoghi delle vicarie garfagnine:
“Barga, Gallicano, Cardoso, Valico de Subtus, Valico de Supra, Bolognana, Verni, Trassilica, Vergemoli, Calomine, Burgiano, Melassana, Montaltissimo, Perporo, Fiactone, Lupinaria, Treppignana, Castri Vecchii, Albiano, Sommocolongno, Tillio, Loppia, Seggio, Pedona e Cascio”.
(continua –Pier Giuliano Cecchi)
Tag: Duomo, palazzo prtetorio, loggia delpodestà, barga
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