Il palazzo Pretorio di Barga (seconda parte)

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Nella prima parte del presente lavoro abbiamo preso in considerazione essenzialmente l’idealità che racchiude l’Acropoli di Barga, la medievale Rocca del Castello, il pascoliano “Colle Sacro alla storia di Barga”, al cui interno si trova il Palazzo Pretorio.

Il civico palazzo o meglio il palazzetto dei Podestà di Barga
ha una sconosciuta genesi, ma nell’idea che già abbiamo espresso, pensata antica quanto quella del Duomo, sintetizzabile nella creduta e continua abitazione del luogo, posto in una posizione straordinaria rispetto alle profonde visioni panoramiche, che solo da qui e da questa terra assumono e assommano particolari valori, appunto, dall’oggi al sempre.
Con una certa sicurezza possiamo dire che Barga fosse un bastione longobardo, intendendo con ciò proprio la sua sommità prima del Mille, esattamente nell’anno 754, con delle abitazioni circostanti e questo ci viene dalla conoscenza di un documento di quell’epoca, una “Charta Dotis”, in cui possiamo leggere il nome della stessa Barga. Si tratta in pratica di un atto notarile del sec. XI conservato presso l’Archivio di Stato di Siena, che è una copia della detta “Carte di Dote” del 754, in cui si parla di diverse donazioni che Walfredo di Ratchauso, il futuro San Valfredo, attua in favore della costruzione dell’abbazia benedettina di San Pietro in Palazzuolo (Monteverdi Marittimo –Pi), tra cui alcune case che possiede in loco Barga, Lupinaria (Lupinaia), Gluvezano (Ghivizzano) e Sarachaniano (Sillicagnana).
Detto ciò e pensando che ogni fortificazione longobarda avesse le sue strutture interne per i vari usi, tra cui quella dove risiedeva la “corte”, resta ovvio fosse così anche per quella di Barga, che potremmo ravvisarla in ignote forme dove oggi è il Palazzo Pretorio.

La storiografia ufficiale vuole che l’attuale Palazzo Pretorio di Barga sia stato edificato nel corso del sec. XIV, però va rilevato che ci sono tracce che ci portano più indietro nel tempo. Infatti, già nel 1048 c’è l’indotta memoria dell’esistenza di un tale edificio pubblico e quanto affermiamo si evince dalla citazione di un documento pubblicato da Lorenzo Angelini in “Una Pieve Toscana nel Medioevo” del 1979, dove si cita Uberto di Rodilando, signore del luogo, che fa giudicato in quell’anno di avere casa nella cittadella di Barga, una corte da lui signoreggiata, terre e chiesa. Ovvio ancora che quella “corte” avesse una sua ben precisa ubicazione.
Dopo oltre duecento anni dalla predetta citazione, sappiamo che nel 1266, per mano del Vicario lucchese di Barga, si attua un atto, un permesso in favore del notaro di Tereglio, abilitandolo alla copia di parte degli Statuti di Lucca e Garfagnana e questo da attuarsi nella “Curia” dove si rende giustizia, cioè nella stessa Barga. La “Curia”, nome che viene dall’epoca romana, era il luogo dove si riuniva il potere politico di un luogo, ma nel caso di Barga, è chiaro dallo stesso atto che vi si esercitasse anche la giustizia. Un particolare di non poco conto, questo sapendo che nei tempi successivi a quei 1266, anche quando nel 1341 Barga entrerà nel dominio fiorentino, il Palazzo Pretorio manterrà quella specifica e duplice valenza, cioè sede della politica e della giustizia.
Come già detto la politica locale includente tutti i capifamiglia, il medievale Parlamento, si esercitava sul prato antistante al Palazzo Pretorio, da quell’uso poi detto Arringo, e se il tempo era al brutto, tutti in chiesa, nel Duomo, luogo coperto che era lì appresso. Alcuni atti a carattere pubblico, forse quelli bisognosi del Parlamento dei capifamiglia per la presa d’atto, data la ristrettezza del Palazzo Pretorio si attuavano sull’Arringo sotto le ampie chiome di querce che qui vegetavano: “sub quercus castri”.

Ovviamente non avendo alcuna notizia di luoghi specifici cui ricollegare le notizie del 1048 e 1266, prima circa la sede di una “Corte” poi della “Curia” a Barga, resta sul terreno l’unica e credibile possibilità che fosse dove ora è il Palazzo Pretorio, cui si è congetturata un’esistenza che affonda le sue radici in tempi molto più antichi. Va detto ancora che esistono memorie del sec. XIII in cui si cita l’esistenza di un Consiglio Comunale di Barga e ipotizzando una sede, altri luoghi non si possono ravvisare se non dentro la Rocca di Barga, dove c’era anche l’Arringo.
Quanto detto, per chiarire che seppur si voglia il Palazzo Pretorio del sec. XIV, questo era stato edificato o riedificato in quell’epoca certamente su una precedente struttura. Per capire e rendere credibile una simile idea andrebbe indagato l’impiantito dell’attuale piano più basso, quello delle antiche carceri, studio che per quanto si sappia non è mai stato eseguito, interessante anche perché si narra che qualcuno vi abbia ravvisato al battere sui pavimenti degli ignoti e curiosi vuoti sottostanti. Questa indagine potrebbe svelare cose interessanti al nostro assunto.
Abbiamo già detto che la Rocca di Barga in cui è il Palazzo Pretorio aveva le sue robuste mura con porte: una dava l’accesso verso Sud ed era posta alla sommità della cosiddetta “rampa” avendo un suo stipite a filo della muraglia periferica che guarda la canonica della parrocchia. L’altra era a Nord, al sommo di un’antica salita che prendeva avvio dall’attuale piano del SS. Crocifisso, poi trasformata in una scala, che per la sua ripidezza o per un momentaneo abbandono nei secoli passati, andando così dissestata, il popolo volle nominare “la scalaccia”.
Altra porta stava sul lato sinistro salendo la “scalaccia”, a fianco di quella d’ingresso, all’altezza del profilo più arretrato del Campanile. Questa dava l’accesso all’Arringo e al Palazzo Pretorio. Tutte queste porte con il sec. XVIII ebbero la loro fine. Una perdita tra le più rilevanti per Barga, perché se usiamo un attimo la fantasia, questo luogo, la Rocca di Barga, vista con le sue antiche porte avrebbe aggiunto al suo già enorme fascino un tocco tale che avrebbe reso mirabile e maggiormente ricercata una visita.

Tale fantastica visione è comunque visibile nell’anonimo disegno del Castello di Barga (anno 1539) pubblicato nel 1983 nel libro “Barga Medicea”, dove possiamo vedere e capire quanto or ora abbiamo rilevato. Altra visione ci viene dall’osservare il quadro votivo di Autore ignoto del sec. XVI detto volgarmente di San Giuseppe, il quale è conservato all’interno del Duomo di Barga alla cappella della Concezione.
Delle porte di Barga: tre della Rocca e tre del Castello, quest’ultime composite e assommanti in tutto a sette, ovviamente ne parlano anche certi articoli del più antico Statuto di Barga a noi conosciuto, quello del 1360. Qui, infatti, si ordina a tutti i cittadini di tutelarle e specialmente per quelle della Rocca chi tra gli uomini di Barga avesse ardito danneggiarle la pena era severissima, in casi estremi anche di morte per impiccagione. Parimenti per quei nemici che fossero stati colti sul fatto, in quel secolo e a seguire specialmente i Ghibellini, fazione politica già condannata in apertura dello stesso Statuto loro augurando: “mala e pestifera morte”.
Nello Statuto di Barga anno 1360, Libro Terzo “I Reati”, all’articolo XLIII è chiara la pena per chi avesse arrecato danno alle porte del “Castrum”, la Rocca, citando a tal proposito l’articolo tratto dal libro “Barga minuscola repubblica medievale e le sue leggi”, Maria Vittoria Stefani, anno 2003: “XLIII Rottura o scardinamento di Porte della Comunità
Parimenti stabiliamo che a nessuno sia lecito rompere o scardinare o aprire qualche porta o portello del Comune se non ha la chiave apposita e chi contravverrà paghi una multa di cento libre.
Chiunque romperà o aprirà una delle porte del Castrum di Barga, ossia dell’Arringo se non ha la chiave apposita, sia punito con la morte e i suoi beni resi pubblici a favore del Comune di Barga.”
(fine seconda parte – continua)

Pier Giuliano Cecchi

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