Lo sviluppo fornacino legato all’emigrazione (Seconda parte)

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Iniziamo questo secondo scritto sull’emigrazione così come lo abbiamo terminato nella prima parte, ovvero con le parole di Giovanni Pascoli.

…“sbarcati dagli ignoti mari
scorrean le terre ignote con un grido
straniero in bocca, a guadagnar danari
per farsi un campo, per rifarsi un nido”…

Giovanni Pascoli, “Italy”, in G. Pascoli “Poesie”.

Antonio Equi, nato in località Giovicchia (Fornaci Vecchia), accompagnato da Domenico Casci, nel 1860 partì e raggiunse Chicago (USA), città dove, dodicenne, iniziò a vendere immaginette di gesso. Dieci anni dopo, la città fu per ¾ distrutta da un incendio. Ci furono morti, feriti e moltissime abitazioni distrutte (la maggior parte erano costruite in legno). Dopo il disastro, Antonio riprese alacremente a lavorare nel campo delle statuette. Nel frattempo aveva imparato la lingua e riusciva a giostrarsi adeguatamente nella società dove era emigrato. Ad un certo punto della sua storia, chiamò i fratelli Raffaello e Luigi Da Prato da San Pietro in Campo. Poi anche Carlo e Pietro, mentre Giovanni, il minore dei fratelli Da Prato, approdò negli Stati Uniti nel 1877. In seguito, Antonio si sposò con Marianna, una sorella dei Da Prato. Egli, abbandonata l’attività di venditore di statuette, lasciando che i fratelli di lei continuassero il suo lavoro nel laboratorio, aprì un negozio di “stationery” (giornali, dolciumi, gelato). Dal 1885, divenendo uno dei più famosi del settore, iniziò il commercio di birra e di whisky. La sua bottega era in Deaborn Street.

Giovanni Biagiotti da Fornaci era invece emigrato a Glasgow (Scozia). Egli fu uno degli italiani che, in Saltmarket Street, una via piuttosto pericolosa della città, in prevalenza abitata da irlandesi, accorse a difendere Massimo Dante da Ponte all’Ania. C’era stato uno scontro tra “orangisti” (una setta di protestanti) e i cattolicissimi irlandesi. La polizia intervenne, fece alcuni arresti e reclamò l’aiuto di Dante, ma mentre egli interveniva, gli orangisti si scagliarono contro di lui. Egli riuscì a rifugiarsi nella bottega di Raffaello Giuliani, dove fu protetto da diversi italiani. Per sedare quella rissa fu necessario l’intervento di una cinquantina di poliziotti. Era il settembre 1882.

Anche i figli di Giuseppe Buglia emigrarono. Cesare e Luigi, in Francia, mentre un terzo, Pompeo, nato nel 1860, in un primo momento si trasferì a New York come figurinaio e poi, sempre negli Stati Uniti, a Holyoke. In quella città aprì un negozio di gelateria e tabaccheria. Egli rimpatriò a Fornaci nell’agosto 1928, dove, nei pressi della stazione ferroviaria, aveva fatto costruire la sua casa. Sfortunatamente, per la morte sopraggiunta appena un anno dopo, egli non poté godersela come certamente aveva sperato.

Furono molti i figurinai fornacini che, arrivati in Canada tra il 1860 e il 1880, si spostarono negli Stati Uniti. In quella grande nazione si riciclarono in altre attività e parecchi di loro, come aveva fatto Pompeo, divennero proprietari di negozi e di ristoranti. Anche i fratelli Chiesa, probabilmen-te a Richwood in Ohio, aprirono un negozio di alimentari, frutta e verdura. Tra coloro che emigra-rono a fine Ottocento vi fu anche uno dei fratelli Riani (a Bangor, Meryland), mentre un altro era andato in America Latina.

Da Fornaci si trasferirono all’estero pure i Cheloni, i Mazzoni, i Notini, i Renucci… Le zone dove maggiormente si stabilirono furono Holyoke, Springfield e Chicago. Solo alcuni raggiunsero Boston, pochi New York. Altri ancora approdarono in sud America.

Uno di loro, Giuseppe Magri, era emigrato in Brasile nel 1896 insieme al padre Pietro. Rientrato a Fornaci si sposò con Anna Da Prato. Poco tempo dopo raggiunse lo zio Luigi Magri a Holyoke, città dove aprì un’attività all’ingrosso di frutta e verdura. Egli operò anche nei mercati di Boston e di New York. Ritornato definitivamente a Fornaci, in Via Provinciale edificò il teatro “Puccini” e successivamente divenne il primo titolare dell’Agenzia della Cassa di Risparmio di Lucca, filiale aperta dal 1931.

Tra gli emigranti ci fu anche il giovanissimo Antonio Rigali di Giovanni e Filomena Equi, nato il 22 luglio 1881. Quando andò in Brasile, dagli zii materni, aveva circa 13-14 anni. Si stabilì a San Pedro nello Stato di Minas Gerais. I primi anni lavorò nella fazenda degli zii. In un secondo tempo si mise a produrre liquori. Nei primi Anni ’20, era già ritornato un paio di volte, morta la mamma si fermò definitivamente a Fornaci. Andò poi, a Torino, a studiare fotografia, dopodiché aprì uno studio fotografico, quello che in seguito fu portato avanti dal figlio Silvano (detto il diavolo) – il negozio è rimasto aperto fino all’inizio del 2012.

Con le rimesse degli emigranti migliorarono le condizioni economiche delle famiglie rimaste in paese e, attorno al 1895, con il rientro di diversi espatriati, alcuni con significativi risparmi ed altri con economie più modeste, furono aperti negozi, si acquistarono piccoli poderi, si ristrutturarono le vecchie case o se ne comprarono o costruirono di nuove.

A inizio ‘900, però, neanche con la ripresa dei lavori alla ferrovia, si ebbe un incremento sostanziale dell’occupazione locale e, con la fine dei lavori nel tratto Fornoli-Castelnuovo di Garfagnana, mentre i più forti tornarono a grigliare la sabbia del fiume e altri si accontentarono di lavorare ad “opre”, molte persone, come stava accadendo nel resto della valle, ripresero o cominciarono ad emigrare.

Per tutto il 1913, fino al settembre 1914, furono parecchi i fornacini che lasciarono la loro terra espatriando, ma in seguito alla guerra navale tra Germania e Inghilterra, che aveva paralizzato il traffico marittimo, il flusso verso i Paesi d’oltre-oceano cessò. Poi, dall’anno successivo, quando anche l’Italia entrò in guerra (24 maggio 1915), emigrare diventò praticamente impossibile.

La partecipazione a quel conflitto, non solo comportò l’invio di molti uomini al fronte, ma anche l’esigenza di avere a disposizione grandi quantitativi di materiale bellico e, questa urgenza, fornì al gruppo Orlando l’occasione per la realizzazione di un altro stabilimento metallurgico: quello di Fornaci di Barga. Quella fabbrica, che già dai primi mesi del 1916 iniziò la produzione di pallottole da fucile e bossoli da cannone, in seguito all’assunzione di migliaia di persone, nonostante producesse strumenti di morte, fu un beneficio per tutta l’area fornacina e i suoi dintorni.

Ivano Stefani

(continua)

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