Giovanni Pascoli, Giacomo Puccini e Butterfly

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Con l’inizio del sec. XX in Pascoli nasce possente una passione: il teatro; che sino alla morte lo terrà in un assillo culturale tra i più cocenti. Questa tentazione lo tenne molto in ansia, ma mai riuscì a piazzare alcuni suoi lavori di una certa pretesa, salvo poesie e lavori teatrali come Il Ritorno di Odisseo, Il Sogno di Rosetta e poco altro. Con questa idea intrattiene diversi contatti con vari musicisti e tra questi anche Puccini, con l’idea gli musicasse l’Inno degli studenti Calabro-Siculi di Messina “L’Antica Madre”, che poi musicò nel 1900 Giovanni Zagari.

Il primo avvicinamento tra Pascoli e Puccini, con riferimento ai documenti conservati a Casa Pascoli, risale al 1897 e avvenne per interposte persone. Pascoli voleva sapere se Puccini reputava possibile un’intesa. L’incarico di ciò il Poeta lo affidò al direttore del Marzocco Angiolo Orvieto, il quale sua volta si mise in contatto con il musicista Carlo Cordara e questi con Puccini. Per trafila inversa Puccini fece sapere al Poeta che ciò era possibile, ma che per il momento avesse Tosca tra le mani e soltanto in seguito avrebbe potuto prendere in visione quello che eventualmente il Pascoli gli avrebbe proposto.

L’ANNO 1903 E BUTTERFLY

Correva l’anno 1903 e da Barga parte una lettera di Giovanni Pascoli diretta all’amico lucchese Alfredo Caselli, in cui possiamo leggere che il Poeta ha ricevuto notizia che Giacomo Puccini sarebbe intenzionato a prendere in affitto una villa nei dintorni di Barga, cosa che non si realizzò:

“Lieta notizia è per noi il desiderio di Giacomo Puccini. Vicino a me ci sarebbe la villa Cardosi (di cui ti scriverà Michele Bertagna) già abitata dal Salvini. In Caprona stessa ci sarebbe la casa Salvi, ma son quasi certo che non farebbe. Sai cosa dovresti fare? Vieni tu, a soqquadro, a decidere. Vieni dunque …”

In quell’estate 1903 Puccini, che camminava con l’ausilio del bastone per i freschi postumi dell’incidente di macchina occorsogli tra Lucca e Torre del Lago la notte del 25-26 febbraio, forse voleva venire a Barga per continuare la convalescenza, dimenticare la bella “Torinese” e qui trovare quei momenti buoni per ultimare Madame Butterfly. Certo sarebbe stato così, però … però c’era un altro aspetto molto particolare: Puccini e la ricercata vicinanza con il Poeta, il più vicino al suo cuore, che sentiva e viveva, di là dalla profonda e amichevole stima, come un suo potenziale librettista. Una convinzione certamente accresciuta da certe confidenze fattegli da Alfredo Caselli, amico di entrambi, cui il Poeta, precisamente il 22 febbraio 1902, in una lettera aveva confidato:

“Sai quale sarà il Campo nel quale Giovanni Pascoli sarà considerato veramente al suo posto? È il teatro …”.

Ecco allora che l’anno di Butterfly è molto indicativo per il rapporto tra i due, perché, come detto, in Puccini si fa avanti con forza l’idea di un libretto pascoliano. Butterfly ormai è cosa quasi fatta e Puccini avendo raggiunto con quest’opera il culmine della sua personale via artistica delle piccole cose di derivazione dal simbolismo pascoliano, quasi sente la necessità di rinvigorirla cercando l’avvicinamento con chi sente che può aiutarlo nella ricerca di nuove emozioni per scavare l’intimità di un personaggio nei suoi tempi interiori. Inizia il 6 gennaio 1903, quando a Pascoli arriva da Torre del Lago una lettera scritta a due mani, quella del pittore Plinio Nomellini (Livorno 1866 – Firenze 1943), l’altra è di Giacomo Puccini, in cui il Musicista gli annuncia:

“ma verrà il giorno che davanti a noi si presenterà l’antica Barga e sarà nella prossima primavera, se lei ci sarà verremo …”.

Nel febbraio ecco l’incidente di Puccini e le cose si complicano. Saputo dell’incidente Pascoli, invia i suoi auguri di pronta guarigione, cui Puccini risponde il 3 marzo:

“Caro ed illustre amico, con grande sollievo ho letto la sua tanto buona e gentile cartolina! La cura sarà lunga perché ancor non fu messo l’apparecchio definitivo per il sangue affluito …. Ah! L’immobilità è terribile …”

In questi frangenti a Puccini forzatamente rinchiuso nella sua villa di Torre del Lago arriva da Milano la notizia che si vorrebbe fare una cartolina per reclamizzare Madame Butterfly, con il Maestro contornato dalle sue donne ormai famose: Manon, Tosca, Mimì e Musetta, e Butterfly che chiede il permesso per entrare tra loro, con l’idea di un sonetto di Pascoli da richiedersi dallo stesso Puccini. Scrive di questa iniziativa ad Alfredo Caselli:

“Che pretese eh! Vuoi dirlo al Maestro (Pascoli)… Magari dì che l’idea è tua. In fretta dimmi qualcosa o vieni. La Poesia ci occorre per maggio …”.

Pascoli accettò, richiese a Caselli i libretti delle opere di Puccini, poi … tutto rimase nelle intenzioni, ma nel cuore di Pascoli ben presente. A un anno dall’incidente di Puccini eccoci ora a Milano e al tonfo di Butterfly alla Scala del 17 febbraio 1904. Pascoli capisce che l’opera dell’amico Puccini non ha avuto il giusto riconoscimento, anzi tutt’altro, e subito gli invia una cartolina in cui gli dichiara tutta la sua fiducia in Butterfly:

“Caro nostro e grande Maestro, la farfallina volerà: ha l’ali sparse di polvere, con qualche goccia qua e là gocce di sangue, gocce di pianto … vola vola farfallina …”

Così Puccini da Milano il 19 febbraio 1904:

“Caro grande poeta, con tanta gioia ho letto la fiera sua cartolina e ne lo ringrazio. Anch’io ho così fede nel / sia pur tenue / volo di Cio Cio San! A giorni andrò a Torre. Ella è così vicino adesso! Una visita al povero zoppo e bastonato sarebbe un balsamo …”.

Pascoli, però a Torre del Lago non scenderà mai; forse per il timore di perdere di fronte a un acclamato personaggio quale Puccini, dai più ritenuto un uomo di mondo, la sua identità. Lo attese invece alla sua “Bicocca” di Caprona, nel tutto del suo mondo amico.

LE VISITE DI PUCCINI A CASA PASCOLI

Parrebbe che Puccini abbia compiuto diverse visite a Casa pascoli ma tutto è nel vago.

Con certezza ne eseguì una nel 1908 e altra nel 1911.

La visita del 1908 fu compiuta da Puccini assieme a Guelfo Civinini e Alfredo Caselli. Puccini, sabato 12 settembre, comunica la notizia ad Alfredo Caselli:

“Lunedì si va a Castelvecchio a far visita al Pascoli. Tu devi venir con noi, passiamo a prenderti verso le 10,30 o le 11. Trovati a bottega: partiamo subito e colazioneremo in viaggio. Dovresti mandare un espresso al Pascoli, avvisandolo o meglio telegrafargli”.

Della visita restano alcune immagini e un articolo di Civinini per il Corriere della Sera del 24 settembre 1908, che si chiude con queste eloquenti parole:

“Addio! Addio! La vettura fila via, velocissima, verso i monti violetti. Il Poeta e la sorella rimangono in mezzo alla cerchia dei monelli a guardarci sparire fra la polvere. Li vediamo ancora un momento di lontano risalire insieme la stradella della loro vita semplice e tranquilla, fra i tralci delle viti d’oro. E’ un grande poeta! Mormora a me Giacomo Puccini, mettendo alla terza, quello che sento più vicino al mio cuore”.

L’altra visita documentata è dell’estate 1911. La memoria si trova in “Il Poeta Solitario” di Mario Biagini, Mursia 1963. Queste le parole di Biagini:

“Una grande consolazione gli venne in quell’estate da una visita di G. Puccini. Partirono in macchina da Lucca, una chiara mattina, Puccini, Caselli, Bianchi. Al volante il figlio del Maestro. Si giunse a Castelvecchio di buon ora. Pascoli era ad attenderli. Il grande Poeta e il grande Musicista erano commossi. Il primo volle essere guida all’ospite nella casa, nello studio, nell’orto. A lui chiese notizie di teatro, esponendo anche trame di lavori, a cui aveva pensato e dei quali il Puccini s’interessò assai, forse nella speranza di trovare un soggetto nuovo e originale. Lasciamo a questo punto la parola a uno dei presenti, al Bianchi … Allorché i due si lasciarono, più che conoscenti erano amici. E l’abbraccio e il bacio che si scambiarono fece dimenticare quel lei cerimonioso di cui entrambi sentivano il disagio, in quella spontanea fraternità d’arte, che aveva portato al loro incontro … non si vedranno mai più. Ma dietro la bara di Pascoli, dal piccolo cimitero di Barga alla chiesina di Castelvecchio, il 6 ottobre 1912, ci sarà, col popolo, anche Giacomo Puccini, in pianto”.

Queste le parole di Mario Biagini, cui aggiungiamo che Giacomo Puccini, assieme a Plinio Nomellini, fu presente anche alla cerimonia commemorativa del Poeta che si tenne al Teatro Differenti di Barga nella mattinata di quel 6 ottobre 1912. Allora, ricordando un tale avvenimento non posso sottrarmi dall’evidenziare che un simile evento: Puccini dolorosamente affranto che entra nel Teatro dove ora si renderà omaggio all’amico e fratello d’arte Giovanni Pascoli, preciso luogo della sua “La Grande Proletaria si è mossa”, unito a ciò l’idea che un tale musicista abbia varcato il portone dello stesso Teatro per andare a sedersi nella sua sala, certamente dovrebbe muovere chi di dovere per un ricordo in lapide. Questo lo dico pensando anche all’amico Gualtiero Pia (1928-2013), che con me condivise quest’idea, purtroppo mai realizzata.

Pier Giuliano Cecchi.

Giovanni Pascoli e Giacomo Puccini –Aspetti di un’amicizia tra la fine del sec. XIX e la morte del Poeta” Quaderni Culturali –Photo 1 Barga, 1993

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