Vere e proprie opere di architettura forestale, alcune uccelliere restano ancora oggi a caratterizzare il paesaggio in molte zone.
Le uccelliere erano in sostanza dei boschetti che comparivano improvvisi in mezzo alla campagna, spesso in posizione sopraelevata, organizzate per attirare e catturare gli uccelli migratori. Vi si coltivavano alcuni alberi di alto fusto come le querce per invitare i volatili a posarsi, lecci per offrire loro rassicuranti ripari ed altre specie ad occupare il livello di media altezza come corbezzoli, allori, sanguini e infine siepi a delimitare e talvolta a disegnare un piccolo labirinto al livello del terreno. Al centro del boschetto sorgeva il capanno per ospitare e nascondere il cacciatore.
Per gli uccelli migratori le uccelliere dovevano rappresentare un invitante punto di sosta e di ristoro, attirati tra l’altro dal richiamo di alcuni loro simili chiusi nelle gabbie mimetizzate all’interno del boschetto.
La cattura degli uccelli poteva avvenire con reti verticali celate tra gli alberi o con reti orizzontali poste sul terreno che si chiudevano una contro l’altra con uno scatto comandato dal cacciatore. Molto utilizzate erano anche le panie o painelle ovvero piccole verghe spalmate di vischio appena fissate con uno spillo sopra i rami degli alberi. Disposte con sperimentata inclinazione si incollavano inesorabilmente alle ali degli uccelli posatisi su quei rami. Il sistema di cattura più spedito era ovviamente il fucile, spesso di piccolo calibro perché efficiente e poco rumoroso per non compromettere le successive catture.
I vialetti attorno al capanno erano delimitati da siepi di bussolo e consentivano al cacciatore di intervenire al bisogno nascondendosi alle possibili prede presenti all’intorno.
Oggi le uccelliere sono cadute in disuso perché le normative in materia di caccia hanno sancito il divieto di catturare uccelli vivi e posto vincoli alla realizzazione degli appostamenti fissi. Anche i cacciatori stessi sono in genere meno interessati ad impegnarsi in interventi di preparazione così laboriosi e preferiscono avvalersi delle tecnologie moderne, fuoristrada, telefoni cellulari, armi semiautomatiche, richiami elettronici per braccare senza scampo una selvaggina sempre più rara e spesso proveniente da allevamenti artificiali.
Nei dintorni di Barga è ancora chiaramente riconoscibile “l’uccelliera del sindaco”, poco oltre Bugliano. Curata da Luigi Piacentini, sindaco di Barga negli anni ‘50, era una delle più importanti ed ancora oggi è chiaramente riconoscibile. Il capanno era a due piani: quello inferiore per riporre i richiami, quello superiore quasi ad avvicinare il fatale “tronchino” alle prede posate sui rami più alti.
Gli anziani ricordano inoltre l’uccelliera utilizzata dal Morando Stefani, situata in cima Canteo; l’uccelliera del Montecatini alle Terre Rosse, zona Canteo; quella presso il colle di Guastalferro; un’altra in località ai Barghigiani; l’uccelliera del Chiappa, in Piangrande dove oggi sorge il campo sportivo; l’uccelliera del Marracci poco sotto l’ospedale S. Francesco in seguito utilizzata dal dott. Merlini; l’uccelliera del Garzoli nelle Cosche.
Nei pressi di Loppia, sulla collina che segna lo spartiacque tra il torrente Loppora e il rio Sartoiani, già sede dell’antico castello di Loppia, all’inizio del secolo scorso venne realizzata una ben organizzata uccelliera per iniziativa dell’avvocato Alfa Antonini. Oggi il sito è noto come Uccelliera.
Ancora alcuni decenni addietro, sulla caccia non pesava il discredito seminato dagli ambientalisti di recente origine, ed era praticata con entusiasmo da molti, di qualsiasi estrazione sociale e livello culturale, ognuno secondo le proprie possibilità.
Le persone più facoltose, avendone la possibilità, spesso si dotavano di uccelliere ben organizzate perpetuando una tradizione assai antica che ha coinvolto pure illustri personaggi locali. Tra questi ricordiamo Piero Angeli da Barga (nato nel 1517), il cui busto marmoreo sovrasta piazza Angelio. Personaggio dalla giovinezza assai avventurosa, viene ricordato come illustre umanista, latinista, professore universitario di latino e greco a Reggio Emilia poi a Pisa (dove morì nel 1596). E’ stato autore di numerose opere letterarie tra le quali il poema Cynegeticon (1561) sulla caccia con i cani e De aucupium (1566) sulla caccia degli uccelli con il vischio.
Di questa ultima opera trascriviamo alcuni frammenti, nella traduzione dal testo originale in latino fatta da Giovanni Pascoli, che descrivono con grande efficacia una uccelliera e la cattura dei tordi con le painelle.
Che se a’ tordi voraci insidie tendi
e per quel fine un verde bosco ombroso
t’allevi e cresci, basta allora, in colle
di pendio dolce, una selvetta cinta
di nero bosso, fertile di lecci;
donde libero l’occhio intorno esplori;
né sia troppo ampia, ma nei suoi confini
misuri in tutto trecento braccia.
Avidi, cechi volano giù, dove
la nota voce a sè li chiama, rapidamente
calano e posano sul leccio,
sul leccio pieno di recise verghe
che li legano col glutine lento,
incauti! A piè dell’albero la terra
è tutta piena di dei caduti tordi
Tag: caccia, morando stefani, uccelliera, giuseppe nardini, pietro angelio
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