La signora Nannetti ha rievocato la tattica consapevole e studiata della strage: le SS passarono casolare per casolare, accompagnate dai fascisti locali che mostrarono così loro anche i luoghi meno raggiungibili. All’arrivo dei tedeschi, fatti fuggire gli uomini, il resto della popolazione non si mosse, pensando ingenuamente che in guerra venissero risparmiate le donne, i bambini, gli anziani e le chiese, luogo sacro per eccellenza. Così non fu: i civili furono ammassati nelle stalle e negli scantinati e sterminati a colpi di mitragliatrice, le donne violentate, le case depredate e bruciate, le chiese violate e rase al suolo. I sacerdoti che avevano scelto di non abbandonare la popolazione, per i quali è in corso il processo di canonizzazione, perirono a fianco dei propri fedeli.
L’incredibile malvagità dell’uomo nella testimonianza di Anna Rosa Nannetti
Un incontro commovente e partecipato ha avuto luogo nel pomeriggio di lunedì presso Villa Gherardi a Barga. La sezione barghigiana A.N.P.I. ha invitato Anna Rosa Nannetti, sopravvissuta alla strage di Marzabotto, a portare la propria testimonianza ai convenuti. La signora Nannetti, fortemente impegnata in favore dell’associazione dei familiari delle vittime e autrice di diversi volumi in merito, ha ricordato con toni estremamente pacati ma risoluti i fatti legati all’eccidio del Monte Sole, avvenuti quando aveva appena quattordici mesi. La strage a tutti ben nota coinvolse il territorio dei tre comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944: in questi giorni il sedicesimo battaglione delle SS (la stessa divisione che perpetrò l’eccidio a Sant’Anna di Stazzema), al comando del maggiore Walter Reder, uccise circa 770 persone, tra cui centinaia di bambini, violentando e rapinando la terra del Monte Sole. Al processo intentato a Reder dopo la fine del conflitto, al magistrato che gli chiese il motivo di questa carneficina, il militare rispose che la sua azione era volta contro i partigiani, e che gli era stato impossibile distinguere tra civili e partigiani, poiché essi non portavano una divisa; alla successiva domanda del magistrato, su come giustificasse la morte degli oltre duecento bambini, il maggiore SS rispose: “Sarebbero stati futuri partigiani”.
La signora Nannetti ha poi raccontato la propria storia e come sia stato solo il caso a consentire la sopravvivenza a lei e ad altri. Nel caso specifico, la signora Nannetti abitava una frazione in cui non avvenne direttamente la strage, ma i soldati si “limitarono” a rastrellare gli uomini presenti, che furono portati a pochi chilometri di distanza e uccisi: in questo modo Anna Rosa perse il padre e i nonni. Il gruppo di persone rimaste si diede alla fuga e dopo qualche giorno la madre della signora Nannetti, con un gesto di grande coraggio, si allontanò dai compagni assieme alla figlia poiché questa, piccola e malata, gridava dal dolore, rischiando di far scoprire tutto il gruppo dei fuggiaschi ai soldati tedeschi. La fortuna volle che proprio in quel momento sopraggiunsero gli americani, a segnare la fine di quella tremenda vicenda.
Molto interessante anche la parte successiva del racconto, inerente ciò che avvenne dopo la strage. A seguito di una permanenza in istituti che ospitarono i sopravvissuti, agli adulti si presentò la necessità a guerra terminata di tornare nelle proprie terre di origine per cercare di riavviare le attività e rimettere in piedi le proprie case, dopo che il passaggio delle SS aveva raso tutto al suolo. I bambini superstiti allora furono ospitati generosamente da tante famiglie dell’Emilia Romagna. Uno snodo fondamentale per quei piccoli che avevano conosciuto solo la violenza della guerra che aveva loro portato via tutto, e che riuscirono così a capire che il mondo non era fatto solamente da “cattivi” ma anche da “buoni”.
A sentire la signora Nannetti un pubblico commosso e grato di questa preziosa testimonianza, ancor più necessaria ora che, allontanandosi nel tempo questi fatti, si rischia di perderne la memoria e il senso della gravità. Al ringrazi mento del presidente della sezione A.N.P.I. Mauro Campani, è seguito quello del Sindaco Marco Bonini che ha auspicato una futura collaborazione tra amministrazione comunale e associazione per promuovere altri incontri di questo tipo.
Fra le altre cose, forse molti non sanno che nell’eccidio del Monte Sole cadde anche una barghigiana. Santuzza Angelini, nata a Barga da Armando e Rosa Gonnella, sposata con Pietro Marchetti: fu uccisa a ventidue anni il 30 settembre del 1944 nel borgo di San Martino.
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