Siamo rimasti col precedente articolo alle parole di mons. Lino Lombardi, dichiaranti che alle 7,30 del 27 dicembre 1944, dopo un mattiniero furioso cannoneggiamento delle forze dell’Asse, con l’arrivo a Barga delle prime pattuglie tedesche, di fatto, fosse nuovamente tornata nelle loro mani.
Intanto, sui giornali di tutta l’Italia liberata corre la notizia dello sfondamento della Linea Gotica in Valle del Serchio per opera delle forze dell’Asse. Per meglio capire ricorriamo al libro di Fabrizio Federici “Val di Serchio e Versilia Linea Gotica” da cui stralciamo, quanto segue:
“Il nemico ha lanciato nel settore della Valle del Serchio un attacco di una certa entità che ha costretto gli avamposti alleati a ritirarsi su posizioni predisposte. Nessun particolare è fornito circa lo sviluppo delle operazioni.”
La gente fuggiasca dai vari paesi barghigiani, però, già nella notte tra il 26 e il 27 dicembre, ha avuto occasione di vedere lungo la via dell’esodo e con un certo conforto, che gli Alleati stanno organizzando e predisponendo l’offensiva con la messa in campo delle truppe Indiane, che ormai sono quasi ai limiti a sud dello stesso Comune di Barga, quasi totalmente in mano dell’Asse. Infatti, colonne militari tedesche o dell’Asse, dopo l’occupazione di Barga, stanno prendendo la via di Fornaci, fermandosi poi, di fatto, al torrente Ania, ma vediamo cosa ci dice mons. Lombardi sul suo libro “Barga sulla Linea Gotica”:
“Barga è un deserto; mi risulta che pattuglie sono a Porta Reale, al Giardino e nei viali attigui; truppe incolonnate marciano verso Fornaci. Una densa colonna di fumo si eleva dai magazzini Nardini sul Fosso; sono le botti di nafta che bruciano. Suppongo che ugual sorte sti toccando ai cereali e alla farina.
Cannonate e mitragliate si sentono verso Loppia e Fornaci; a Barga però la mattinata passa calma. Sfolgora un sole primaverile; i monti sembrano stagliati nel cristallo. Oh gl’incanti del panorama barghigiano! E che contrasto col deserto e colla morte che ci circonda.”
In quel cielo limpido tra poco, all’inizio del pomeriggio di questo 27 dicembre, cominceranno a volteggiare grandi aquile di ferro a stelle e strisce, che stridendo rabbiose quasi a lambire i tetti delle case del Castello, lasceranno cadere le loro grigie uova e altrettante minori da fiammanti occhi neri. Questi raid aerei apporteranno nuove e più drammatiche distruzioni a Barga, come a Sommocolonia e Vergemoli, per poi dirigersi ancor rabbiose e vogliose di depositare le ferree uova nell’alta Garfagnana sino alla Lunigiana. Altra incursione il giorno 28 dicembre che vedremo più avanti.
A seguire, dal libro di Fabrizio Federigi “Val di Serchio e Versilia Linea Gotica” stralciamo le ore dei bombardamenti aerei del 27 dicembre:
“E, nel pomeriggio, inizia violenta dall’aria la controffensiva americana condotta da un gruppo di cacciabombardieri appartenenti alla XII Forza Aerea Tattica dell’USAF: alle 12,43 è attaccata Sommocolonia: alle 13,59 è attaccata Barga: alle 15,20 è attaccato Vergemoli e ancora Barga.
Tutta la Garfagnana è ora bersaglio degli aerei che si spingono fino alla Lunigiana, dovunque spezzonando e mitragliando fino all’imbrunire.”
Altre notizie, cioè il riepilogo delle missioni aeree americane, si trovano nel libro di Vittorio Lino Biondi “La Battaglia di Sommocolonia”, Garfagnana Editrice. Per altro va detto che altre forze aeree Alleate presero parte a questi o altri raid: inglesi, sudafricane e brasiliane, così come riferisce Fabrizio Federigi nel suo libro.
Per Barga ricorriamo a mons. Lombardi, a quanto ricorda nel suo libro di quel tragico e duplice avvenimento del 27 dicembre, che si svolse proprio nelle vicinanze della sua canonica, iniziando con l’incursione aerea delle ore 13,59:
“… un volo d’aerei a bassa quota. Fanno un fracasso del diavolo. In quel mentre entra nello studio Don Andreotti. Non abbiamo avuto ancora il tempo di scambiare una parola che, mescolato al rumore degli aerei, si sente un urlo lamentoso di virata sulle nostre teste: Don Andreotti mi afferra per un braccio gridando: Via! Sono appena in piedi che uno scoppio formidabile fa sobbalzare la casa in mezzo ad un “iradiddio”. Uso questa parola perché non so trovarne un’altra adatta a dare l’idea della simultaneità dello scoppio, dei crolli, sfasciamenti, schianti d’imposte, di porte, sgretolio di vetri, tegole, vasellame e poi spezzoni e mitraglia.
Ma tutto ciò non toglie che volga lo sguardo al di fuori e scorgo un secondo aereo quasi a pari dei tetti che risale come un uccellaccio. Altro scoppio mentre una folta nube di fumo e di polvere avvolge il Conservatorio e le case adiacenti. La Canonica è rimasta sconvolta. Ci rifugiamo in cantina, ma più specialmente nel Cuor di Gesù raccomandandoci l’anima. Non c’è da fare altro!
Altri scoppi vicini e relativi sussulti della casa. Gli aerei girano e rigirano coi loro paurosi ululati e non avendo altre bombe agiscono colla mitraglia. Rabbiosa, insistente, sembra che sia sparata da fermo, invece che da aerei.
Finalmente la squadriglia si allontana. Quanti erano? Forse cinque. Quanto si trattennero? Pochi minuti, ma eterni. Quante bombe? Ritengo una decina, più spezzoni di mitraglia. Quale l’ordine? Le prime presso il Conservatorio tra l’Istituto Magistrale, la Scuola Media (Casa Gherardi) e la Casa Castelvecchi; altre non saprei. Son momenti in cui c’è ben altro da pensare.
Altri aerei passano, ma vanno altrove a far visita. Approfittando di una sosta visito la Canonica che è in un sottosopra fantastico. Do un’occhiata sulla piazza; vedo passare di corsa il Pietrino Rigali fotografo che mi grida qualcosa di cui percepisco le parole “morte” “Niccolini”.
Vorrei andare a vedere, ma latri aerei sopraggiungono e virano in un carosello pericoloso. C’è d’aspettarsi un ritorno offensivo.”
Passata questa prima tempesta, sempre su Barga, se ne presenta un’altra immediatamente successiva alle ore 15,20 e allora torniamo al “diario” di mons. Lombardi per vedere cosa accadde:
“Difatti poco dopo (forse le 15) i caccia ritornano, non saprei quanti, e sganciano ancora il loro tremendo carico nella zona del Duomo.
Ci rifugiamo nuovamente in cantina a ridosso del terrapieno ed anche questa volta proviamo l’emozione di scoppi vicinissimi. La casa ondeggia come una nave in tempesta. Bombe, spezzoni, mitraglia dai minuti eterni, virate e picchiate dagli urli spaventosi e in dimenticabili.
Fin verso le 16,30 continuano i voli dei caccia, che, dopo aver sistemato Barga, spiegano ora la loro attività nelle campagne e sulle coste dei monti; ma le loro virate vengono a farle nel nostro cielo tenendoci in continuo orgasmo.”
Passata anche questa bufera ecco che mons. Lombardi e il suo cappellano don Andreotti escono sul piazzale di fronte all’ingresso della canonica per vedere cosa sia accaduto alla disgraziata Barga:
“Finalmente io e Don Andreotti possiamo uscire e vediamo subito la piazza della Canonica pienamente sconvolta e il pendio a orti, fin verso il teatro ridotto tutto a una frana che ha inizio dall’aiuola centrale della piazza. […]
Superando detriti di ogni genere andiamo in Conservatorio le cui condizioni sono impressionanti. I ricoverati sono in gran parte nella lunga legnaia ormai adibita a rifugio; altri nel rifugio Salvi. Sono ancora terrorizzati.
Apprendo i particolari della tragedia. La vittima è adunque la Sig.na Anna Maria Niccolini. Al momento dell’incursione essa, con Madre Virginia del Conservatorio, Madre Leonilde dell’Asilo e altre Suore, col Comm. Morando Stefani, Commissario dell’Istituto, venuto anche in quel giorno per la quotidiana visita, Pietrino Rigali, Bruno Rocchiccioli e altri, si trovava presso il portone delle Magistrali. Tutti si erano affrettati al rifugio, ma essendovi ingombri non poterono entrare solleciti. Furono travolti nel rovinio: una scheggia colpì la Niccolini che si abbatté riversa sul primo lettino. Contusioni riportarono Rocchiccioli, Rigali e il Commendator Stefani.
Passando per via del Pretorio e superando alti cumuli di macerie ci recammo sul posto. Lì presso la casa del Gianni Pia stava bruciando e poteva il fuoco propagarsi anche al Conservatorio. […]
Il sole sta tramontando in un incanto di luci vespertine, che però danno maggior risalto al desolante spettacolo. […]
Ci rechiamo poi in visita ai ricoverati nel rifugio. E’ una scena che fa piangere, nel primo lettino il professor Niccolini, affranto dalla sciagura, vecchi, infermi, donne, fanciulli. Oltre i lettini veri e propri vi sono giacigli fatti di materassi posti su cataste di legna, casse. […] Chi piange, chi si lamenta, chi prega, chi si bisticcia… Tutte le Suore e altri sono nel rifugio Salvi, pur esso al completo. […]
Prima che scenda completamente la notte, do un’occhiata alla nostra disgraziatissima Barga. Vicino a noi continua a bruciare la casa del Pia; al Giardino bruciano l’Albergo Alpino e la casa Pieroni, già sede del comando partigiano; dal magazzino Nardini salgono ancora colonne di fumo. Non ci sono aerei; però qua e là arrivano cannonate americane.”
Per ora ci fermiamo qui. Nel prossimo articolo proseguiremo con le incursioni aree del giorno 28 dicembre 1944. (continua)
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