[…] Passata la tempesta della Battaglia di Sommocolonia, con la controffensiva Alleata che ha ricacciato lo schieramento dell’Asse sulle precedenti posizioni, per Barga parrebbe aprirsi un periodo un poco più tranquillo ma è pura illusione frutto dell’inesauribile speranza.
Comunque, anche se si fa per dire, riprende un minimo di vita civile, sempre tra un incrocio di cannoneggiamenti che mirano Barga adagiata sul colle aprico, come a ciò che ai suoi piedi si distende; così tutto il suo comune. (nell’immagine: distruzioni a Barga Giardino)
Lassù al devastato Conservatorio di S. Elisabetta è entrata in funzione una parvenza di sede comunale, perché è lì che il barghigiano può trovare un sia pur minimo suggerimento, un soccorso, così come presso l’Ospedale.
Il Comune in quanto tale ormai è assente, tutti sono fuggiaschi. Dal 4 dicembre 1944 il C.L.N. ha nominato sindaco di Barga un quasi sconosciuto Antonio Adami, ma è comprensibile, dato gli eventi e la possibilità di fare, che la sua azione fosse stata, dicono, senza apparente utilità.
Ora siamo agli ultimi giorni dell’anno 1944 e Barga è ridotta nelle mani di mons. Lino Lombardi e del suo cappellano don Andreotti, che con gli altri preti del vicariato pisano di Barga, sono le uniche autorità rimaste vicine, spiritualmente e materialmente, alla popolazione.
Lo stesso becchino del Comune, Battista Piacenza, giornalmente si reca al Conservatorio e prendere le disposizioni da mons. Lombardi. Il cimitero di Barga, posto a un chilometro di distanza dall’abitato, è molto pericoloso raggiungerlo perché la strada è scoperta ai tiri dei cannoni dell’Asse che sono sulle alture vicino a Sommocolonia e sulle pendici delle Apuane. Allora mons. Lombardi, per dare atto a varie sepolture, ordina a Piacenza di preparare le fosse nell’orto delle monache, “Il nostro piccolo cimitero di guerra”, ma sentiamo Monsignore raccontare:
“E’ volto a Oriente, sul largo respiro della valle di Latriani, all’ombra della Cappella Cimiteriale delle Monache. E’ piccolo; e Dio voglia che tale rimanga. Ma domani, fin d’anno, domani l’altro, Capodanno, che sarà di noi?”
Da queste brevi frasi non resta difficile capire lo stato in cui si trovò Barga nei mesi della Linea Gotica: dopo i nove assedi che ricordava la sua storia, ecco il decimo ben più terribile dei precedenti. Sì! Perché Barga è come una città assediata, con tutti i provvedimenti che una tal evenienza consiglia, compresa la fuga dei suoi innocenti abitanti che niente potrebbero contro simili armamenti e tanta furia distruttrice: a difenderla gli Alleati, mentre gli assedianti sono nascosti a semicerchio sulle sue montagne, con i guerriglieri avamposti partigiani che cercano di snidarli, fornendo agli Alleati le coordinate delle loro postazioni, così da renderli meno efficienti.
Il battaglione partigiano di Pippo è stato rifornito dall’Alleati prima e dopo la Battaglia Sommocolonia ma ora è necessario altro massiccio rifornimento che avverrà tra il primo e il sette gennaio 1945. (Giorgio Petracchi: “Intelligence Americana e Partigiani sulla Linea Gotica” – Bastogi, 1992). Quest’ultimo dato ci fa capire che l’assedio di Barga sarà ancora lungo, perché la guerra tra i nostri monti non è assolutamente finita.
Tornando all’importante ruolo svolto dal clero del Barghigiano in favore della popolazione, per meglio capire cosa vogliamo dire, ci rifacciamo ancora al diario di quei giorni di mons. Lombardi, al più volte citato libro “Barga sulla Linea Gotica”, precisamente al punto in cui narra del casuale incontro con il Governatore Alleato, quando questi venne in visita a Barga il 30 gennaio; incontro che avvenne mentre Monsignore stava recandosi dal Conservatorio alla sua Canonica:
“Mentre Battista finisce di mettere in ordine le tombe, esco per dare un’occhiata alla Canonica. Sulla rampa m’incontro col Governatore che, accompagnato dalla Ordinanza e da un interprete, fa un giro per Barga.
Lo saluto ed egli, a mezzo dell’interprete, mi fa un lungo discorso la cui sostanza è questa: bisogna che la vita riprenda, che si sgombrino le macerie e si riattivi l’acquedotto. Quanto a lui farà venire molti viveri.
Ringrazio il Governatore del provvedimento per i viveri, ma per i lavori da compiersi, al momento, è impossibile. Tutti sono fuggiti alla montagna o verso la lucchesia. Barga è deserta e i pochi rimasti sono donne, vecchi, infermi rifugiati al Conservatorio o all’Ospedale.
Mi domanda se ho provveduto alla sepoltura dei morti e rispondo che, per quel che era nelle mie possibilità, ne avevo fatti interrare alcuni nella proprietà del Conservatorio. Lo avverto dei morti delle Cosche e dell’altro presso i Sedili, nonché dei militari americani rimasti vittime qua e là.
Egli promette il suo interessamento e difatti provvede sollecitamente.
Il pomeriggio è piuttosto agitato con altri “arrivi” su Barga; ciò non impedisce che io e Andreotti c’interessiamo a mettere in salvo la roba dell’Asilo Pascoli e dei privati. La notte preferisco passarla in Canonica, dove riprendo sede; Don Andreotti rimane in Conservatorio quale “prefetto dei rifugiati”.
Restiamo e resteremo ancora in compagnia di mons. Lombardi, del suo diario di guerra, ora per sentirlo narrare della fine dell’anno 1944 e l’inizio del 1945, foriero di maggiori ritorni all’assediata e devastata Barga da parte di alcuni dei suoi abitanti:
“Bellissima l’alba del 31 dicembre. E’ domenica, è l’ultimo girono dell’anno. Ma chi se ne avvede? Qualche barghigiano ritorna timidamente e il nostro incontro è come quello di persone che abbiano perduto un loro caro.
La mattinata passa calma; nel pomeriggio arrivano su Barga quattro o cinque cannonate sole; tanto per dirci che non c’illudiamo sulle soste.
Sulla devastazione di Barga cala la sera di un ben triste anno; a notte le batterie nuovamente appostate a Loppia martellano le posizioni tedesche, mitragliatrici e mortai annidati fra le sconquassate case di Barga o alla periferia fanno udire le loro voci irritanti, odiose. In risposta, su Barga altre cannonate tedesche. Ed è questa la melodia che saluta l’anno che parte e l’anno che arriva.
Ma quando mai terminerà questa tremenda settimana di passione? Quando la voce possente e armoniosa delle nostre campane ridirà a tutti che Barga ancora vive? Ma allora saremo vivi noi?
Sotto un cielo meraviglioso trapunto di stelle proiettili traccianti, segnali luminosi, bagliori di scoppi vicini e lontani mi danno l’idea di un grandioso caratteristico spettacolo pirotecnico per rendere più interessante la notte di S. Silvestro.” […]
Il primo sole del 1945 brilla in un magnifico azzurro facendo risaltare lo splendido panorama dell’anfiteatro delle Apuane e dell’Appennino; ma sembra un’ironia se si volge uno sguardo sulla cittadina massacrata. Il sole fa risaltare maggiormente le rovine. Dov’è la gaiezza di un tempo in questo primo giorno dell’anno? Seppellita sotto gli alti cumuli di macerie.”
In questo primo giorno dell’anno arriva al Lombardi la notizia, scritta su un biglietto, che don Fredianelli, dopo le mille peripezie passate con diversi abitanti di Sommocolonia, è vivo e gli chiede di farsi tramite con le autorità di Barga (sic!) affinché si possano sotterrare i civili del suo paese. Nota Lombardi sul suo diario di guerra che di autorità in Barga non ce ne sono, salvo quelle del Comando Militare. Intanto, non cessa l’arrivo di qualche cannonata nella periferia di Barga.
A sera i primi importanti rientri a Barga: il reggente la segreteria comunale Ciulli, il direttore delle scuole elementari Arcangioli e l’esattore Giuliani. Dalla montagna gli arriva notizia che anche i rettori di Renaio e di Tiglio, rispettivamente don Consani e don Sabatini, sono vivi e in sede. Continua mons. Lombardi dicendo della pochissima attenzione da parte delle truppe indiane per la roba altrui, scusando in qualche misura il loro comportamento ma assolutamente non quello degli sciacalli che imperversano tra le macerie.
Il giorno 3 gennaio da parte del Comando Alleato si fa premura al Lombardi affinché mandi a Sommocolonia un sacerdote che sappia riconoscere le vittime civili da seppellire. Dopo un breve consulto con il suo cappellano Andreotti, quest’ultimo prende la via dell’ex ferrigno Castello. A Catagnana l’incontro con don Fredianelli, che Lombardi così descrive:
“L’incontro è particolarmente commovente. […] Sommocolonia è disseminata d’insidie e di ordigni di guerra sparsi a profusione tra le macerie; meticoloso è il controllo delle truppe indiane.
Alle 18,30 Don Andreotti è di nuovo a Barga. Le sue impressioni sono disastrose: la chiesa rasa completamente al suolo, il paese in piena devastazione.”
(nell’immagine, da destra: don Andreotti, mons. Lombardi e don Francesco Pokay)
Dopo le belle giornate d’inizio anno ecco la Befana che porta a tutti in dono la neve, che durerà più di una settimana, poi gelando per le strade ricolme di macerie. Muoversi per il Castello è in pratica impossibile. Sulle montagne circostanti la vita è ancora più difficile e le forze dell’Asse sono costrette a razziare beni di prima necessità scendendo a Castelvecchio, Albiano e Montebono.
Tra il 10 e 13 gennaio si ha il cambio delle forze Alleate, escono gli indiani e tornano le truppe americane di colore. La cosa tra i barghigiani non passa assolutamente inosservata, perché si riaffacciano i bruttissimi momenti passati da poco. Comunque parrebbero maggiormente organizzate. Così mons. Lombardi:
“Cominciò subito subito a piazzare mitragliatrici pesanti e leggere in varie case e palazzi di Barga Castello: Palazzo Comunale, Palazzo Mordini, Palazzo Bertacchi (via di Mezzo), Palazzo Antonini, Casa Stefani (presso la Posta), Casa Lucherini e altre; non parliamo di mortai di vari calibri che di notte erano portati in piazza Angelio e sull’Arringo o situati in posti periferici, via di Tiglio, costa di Latriani; di cannoni postati alla periferia (ne ho veduto uno grosso poco più in là dei Cappuccini) e carri armati che di notte venivano piazzati per il Viale Marconi presso il Solco. Carri armati erano pure in Canteo. Insomma di Barga fecero un campo trincerato con quanto nostro piacere ognuno può immaginare; ma ormai eravamo rassegnati a tutto, anche a rivivere i tragici giorni di dicembre.
La sera del 15 gennaio […] circa le 18 un’improvvisa, infernale sparatoria ci fece sussultare.
Cominciò la mitragliatrice di palazzo Mordini e fu come un segnale perché dall’interno di Barga e dalla periferia immediato fu il coro, ripeto, infernale.”
La sparatoria durò cinque minuti, poi il silenzio rotto dai cannoni dell’Asse; a mezzanotte altra sinfonia, così alle sei di mattina. Per altri giorni a seguire la musica sarà sempre la stessa. A sera prendono avvio i luminosi traccianti azzurri e rossi, specialmente diretti verso Lama.
Intanto, seppur di poco, la vita civile migliora giorno per giorno. Il 2 gennaio si distribuisce della farina dei magazzini Nardini che diverrà regolare esercizio, e riprendono servizio i carabinieri. Gli Alleati nominano un reggente che prende nome Governatore, il quale da vita a una Commissione per l’Ospedale in cui opera il dott. Lorenzo Verzani, costituita dalla superiora Suor Andreina, dott. Cesare Lucignani e don Ranieri Andreotti. Parimenti conferma alcuni incarichi comunali: vice sindaco Giovanni Giorgetti e gli assessori Bruno Sereni e Pietro Caproni. Tecnico del Comune il geometra Santini, che provvede ai primi restauri dell’acquedotto di Barga, Fornaci e Ponte all’Ania.
Il 5 gennaio riaprono gli uffici Stato Civile e Annonario. Si provvede allo sgombero dalle macerie di via del Pretorio e di Mezzo. A metà gennaio riprende le sue funzioni di sindaco anche Antonio Adami, colpito da malattia a Calavorno il 27 dicembre, forse sulla via dell’esodo. Quanto detto lo apprendiamo sempre dal libro di mons. Lombardi, il quale chiosa sull’argomento:
“Il periodo confusionario andò via via attenuandosi; cominciò a subentrare un certo ordine col normale disbrigo delle pratiche e colla regolarità delle adunanze, mentre Alleati e tedeschi continuavano il loro duello di artiglierie a tutto detrimento di Barga le cui case sempre più si sbriciolavano.”
Terminiamo questo temporaneo cammino con l’elenco dei cannoneggiamenti su Barga nel mese di gennaio:
“Giorno 1 (qualche colpo periferico), 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 17 (vittima Corrado Sighieri), 18, 20, 21, 22, 24, 25, 26, 27, 29, 30”.
(continua)
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