Reticolo idrografico… in trasformazione

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fonte: Lamma

Portando i miei bambini a scuola ho colto l’occasione per fare un breve giro in auto nelle “campagne” ad ovest di Lucca. Metto la parola campagne tra virgolette perché è ben difficile distinguere campagna ed urbano e, forse, dovrei parlare di spazi periurbani nei quali agricoltura e urbanizzazione si incontrano.

Non è un incontro indolore, soprattutto ogni volta che il nostro bravo David Sesto annuncia un’ondata di maltempo. Puntuali, infatti, saltano fuori sacchetti di sabbia, paura e acque torbide che non trovano sufficiente spazio nel martoriato reticolo idrografico minore, cioè in quel sistema di scoline, fossi, fossatelli e fossette che raccolgono l’acqua di pioggia e dovrebbero condurla al sistema di canali e rii che la convogliano verso il fiume Serchio, il Canale Ozzeri e altri corsi d’acqua che con questi due si interconnettono. Dico dovrebbero perché, puntualmente, questo non accade per vari motivi. Uno di questi è che la sovrapposizione tra le nuove urbanizzazioni e la campagna non sempre lasciano liberi i passaggi che collegano i vari elementi del reticolo col risultato che quando piogge intense arrivano in un periodo piovoso siamo tutti quanti in allerta.

La situazione è decisamente complessa e non è da trascurare il progressivo abbandono della coltivazione dei terreni e una coltivazione che, per varie ragioni, è sempre meno attenta al mantenimento del capitale fondiario, ivi incluse quelle sistemazioni idraulico agrarie che, qui nella piana, costituiscono gran parte del reticolo idrografico minore. Fosse invase dalla vegetazione, ostruite dalla terra o, peggio, da rifiuti, costrette in sezioni ridotte a causa delle tombature che fingono di rispettare il povero reticolo (mi sono sempre chiesto come si faccia a ripulire periodicamente la sezione di una fossa intubata…) sono la regola.

Un contributo che ci consente di capire cosa sta succedendo è stato pubblicato qualche giorno fa sul sito del LAMMA, il nostro servizio meteo regionale. Si tratta di uno studio che, seppur limitato ad un solo triennio, fornisce una lettura di ciò che sta accadendo sul territorio regionale in merito alle forme d’uso del suolo, cioè ai modi con i quali noi umani utilizziamo la superficie terrestre che abbiamo a disposizione. Per chi non abbia voglia di consultare lo studio tento un piccolo riassunto dei dati che più direttamente riguardano gli aspetti da me presentati nelle righe precedenti.

Il primo fatto importante è che quell’uso è un fatto dinamico e siamo in pieno cambiamento, sia qualitativo, sia quantitativo. Per esempio, la superficie boscata, già molto abbondante in Toscana, sta aumentando. Apparentemente c’è da stare contenti ma ad una lettura più attenta dei dati si evince, come sottolinea lo studio, che “l’assetto del territorio boschivo è stato modificato: parte di zone boscate sono diventate agricole, pascoli e addirittura urbane mentre aree che erano a pascolo o ad uso agricolo sono diventate bosco. Va da sè che c’è molta differenza, ad esempio, tra un pezzo di bosco che diventa “territorio artificiale” e un pascolo che viene “invaso” dal bosco, se non altro perchè presumibilmente le tipologie di formazioni forestali “perse” e “guadagnate” hanno caratteristiche molto diverse” con una complessiva perdita di biodiversità e di qualità della copertura forestale.

Il dato, però che merita maggiore approfondimento è quello relativo alla superficie agricola e urbanizzata. La superficie agricola perde circa 4.500 ettari (un ettaro corrisponde, per capirsi, a circa due campi da calcio), 3.600 dei quali si trasformano in aree urbane. Questo significa una drastica diminuzione delle superfici permeabili, cioè che assorbono la pioggia durante eventi come quelli di questi giorni, e, con ogni probabilità, un aumento di quella interazione negativa tra urbano e campagna che porta alla progressiva compromissione del reticolo idrografico minore. Sia chiaro che quest’ultima affermazione è un mio “pensar male” ma quando mi diverto ad osservare le nostre nuove urbanizzazioni, ben difficilmente vedo interventi rispettosi del reticolo idrografico minore.

Interessante è anche vedere come le superfici a pascolo siano in diminuzione, mentre quelle a bosco aumentano. Questo meriterà un approfondimento, magari in un altro articolo, ma ho l’impressione che nel complesso in molte aree chi fa agricoltura stia davvero mollando, complice magari la crisi, e ho anche la netta sensazione che dietro quel minore pascolo e quell’aumento del bosco non si celi niente di buono sul piano ambientale e sociale. Su questo, però, mediterò per poi tornare a scrivere… ora do uno sguardo alle fosse dietro casa con un pizzico di consapevolezza in più.

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