Della vita e delle gesta di messer Castruccio Castracani

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Si è tenuto sabato 22 settembre al Teatro “Bambi” di Coreglia il convegno in occasione dei centocinquanta anni dell’assunzione da parte del comune dell’epiteto Antelminelli. Una scelta non casuale essendo stato il borgo luogo di residenza e sede di governo di questa importante famiglia molto legata alla nota figura di Castruccio Castracani “il più grande capitano del suo tempo”. Tiranno magnanimo, saggio, prudente. Crudele verso i suoi rivali, terribile con i suoi nemici, grato con gli amici, giusto con i sudditi. “Niuno – scrissero – fu mai più audace a entrare ne’ pericoli, né più cauto a uscirne”.

Figlio di un importante famiglia ghibellina, era nato a Lucca il 29 marzo del 1281. Indirizzato alla carriera ecclesiastica ma attratto di gran lunga dall’esercizio fisico. Diverrà un ottimo cavaliere. Nel 1300 cacciato da Lucca, insieme alla sua famiglia, per motivi politici dalla fazione dei Neri, guidati da Bonturo Dati.

Inizialmente visse per un breve periodo in esilio a Pisa, poi se ne andò in Inghilterra, nelle terre in cui era nato e vissuto il mitico Riccardo Cuor di Leone. Qui si ingraziò i favori del re Edoardo II, grazie alla sua abilità nell’uso delle armi che gli valse la vittoria di innumerevoli tornei. In poco tempo divenne molto famoso. Piaceva alle donne, e a chi gli rimprovera troppa passione per il gentil sesso, risponde: “Sono io che le prendo, non loro me”.

Finalmente per il giovane lucchese le cose stavano andando bene, ma un giorno… colpì al petto uccidendolo un rivale che lo aveva offeso e schiaffeggiato. Fu costretto di nuovo a una precipitosa fuga. Andò in Francia, dove Filippo il Bello, aveva bisogno “d’uomini d’ arme”. Si distinse, come comandante della cavalleria, nella battaglia di Arras e nella difesa di Thérouanne nella Guerra di Fiandra. Dopo alcuni anni rientrò in Italia dove combatté nelle armate ghibelline. Nel 1314, in seguito alla discesa di Arrigo VII in Italia, si aggregò alle truppe ghibelline di Uguccione della Faggiola, capo riconosciuto dei ghibellini toscani e signore di Arezzo e Pisa, assieme al quale partecipò alla presa e al successivo sacco di Lucca, retta sino allora dalla parte guelfa.

Nell’agosto del 1315 combatté, come comandante di una parte dell’esercito ghibellino nella battaglia di Montecatini: fu lui l’ artefice della vittoria del giorno 29. Morto l’Imperatore, Uguccione lo scelse come suo braccio destro per attacchi e incursioni al contado lucchese. Poi, però il capo ghibellino lo intravide come concorrente per la signoria, e lo fece, quindi, imprigionare in attesa di essere giustiziato. Tuttavia a seguito di una rivolta popolare a Lucca e Pisa, Uguccione fu costretto a fuggire. Castruccio venne liberato ed acclamato, dal popolo, Capitano Generale della città di Lucca e Console a vita. In quel giorno le campane della città “fecero festa”.

Con lui i ghibellini presero sempre più forza al punto che Firenze fu costretta a combattere svariate guerre contro il Signore di Lucca che, con grande abilità politica e bellica, riuscì sempre a tenerla in scacco arrivando a conquistare vaste aree della Toscana e della Liguria e ad infliggergli, nel 1325, una sonora disfatta nella battaglia di Altopascio che vide la completa distruzione dell’esercito fiorentino.

Poi, il Capitano indirizzò i suoi interessi verso Pistoia, minacciando anche Prato, e riprendendo improvvisamente le ostilità contro i fiorentini, irrompendo nel loro territorio, incendiando e razziando dove passava. Il re Federico III d’Austria, lo nominò vicario di Lucca, della Lunigiana e della Val di Nievole. In tale incarico fu confermato, nel 1324, dall’imperatore Ludovico il Bavaro, suo amico e alleato, che lo nominò, anche, Grande Legato per l’Italia e Duca di Lucca. Mentre partecipava a Roma all’incoronazione dell’amico imperatore fu costretto, per l’insurrezione di Pistoia, a tornare velocemente a Pisa, dove lo attendeva l’esercito lucchese con il suo speciale corpo di duemila balestrieri con i quali in poco tempo riuscì ad impossessarsi nuovamente della città ribelle.

Nel 1327, insieme all’Imperatore Ludovico, venne scomunicato, da Papa Giovanni XXII, per la sua avversione al potere temporale della Chiesa.

Ormai, però, era una leggenda: temuto dai nemici e amato dal popolo. I successi si susseguivano facendolo divenire il più autorevole e popolare personaggio della storia italiana del XIV secolo. Gran parte della Toscana era da lui dominata. Arbitro dell’intera politica in quel periodo. Nel giro di tre soli lustri, egli fu incontrastato Signore della Repubblica di Lucca e referente della Toscana ghibellina, dotandosi di enorme potere; unificando la Lunigiana; lasciando ricche testimonianze della sua attività politica ed urbanistica. Castruccio fece, infatti, costruire decine di castelli e fortificazioni, che diverranno patrimonio storico e monumentale del Medioevo italiano e che ancor oggi sfidano il tempo e gli uomini. Tali costruzioni, sono sparse un po’ in tutti i luoghi da lui dominati: dalla Lunigiana, al Pistoiese, dalla Versilia, alla Garfagnana.

Nel 1322, fece costruire a Lucca, la fortezza Augusta, difesa da 29 torri e quattro porte d’accesso. Qui, mentre si preparava a riprendere le armi contro Firenze, morì il 3 settembre del 1328, ufficialmente a causa di febbri malariche, ma qualcuno, più verosimilmente, sostiene che fu avvelenato.

Nei secoli successivi fu oggetto dell’attenzione di numerosi storici. La sua vita ispirò Niccolò Machiavelli, che nel 1520 pubblicò una sua biografia (romanzata), dal titolo “La vita di Castruccio Castracani da Lucca”.

“Visse – scriveva nella parte finale del suo lavoro l’autore de “Il Principe” – quarantaquattro anni, e fu in ogni fortuna principe. E come della sua buona fortuna ne appariscono assai memorie, così volle che ancora della cattiva apparissino; per che le manette, con le quali stette incatenato in prigione, si veggono ancora oggi fitte nella torre della sua abitazione, dove da lui furono messe acciò facessino sempre fede della sua avversità. E perché vivendo ei non fu inferiore né a Filippo di Macedonia padre di Alessandro, né a Scipione di Roma, ei morì nella età dell’uno e dell’altro; e sanza dubbio arebbe superato l’uno e l’altro se, in cambio di Lucca, egli avessi avuto per sua patria Macedonia o Roma”.

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