Il 30 novembre 2011 si è conclusa l’esperienza della Comunità Montana della Media Valle per fare spazio all’Unione dei Comuni della Valle del Serchio.
Alla notizia di questo passaggio di consegne qualcuno potrebbe essere indotto a chiedersi: ma da quale presupposto nacque quarant’anni fa l’idea dell’Ente Montano Mediavalle a fronte di un altro Ente Montano denominato Garfagnana? Questo per la semplice ragione che entrambe sono influenti in un solito bacino. Poi, perché Barga, storicamente appartenente alla Garfagnana, entrò nella Media Valle? In effetti, un dato assai anomalo e che farebbe riflettere siano enti sorti in contrapposizione uno all’altro, mentre invece c’è un preciso precedente storico che risale ad oltre 150 anni fa e che delineò con forza l’attuale situazione determinando, appunto, la nominale sottrazione di Barga alla Garfagnana per consegnarla all’attuale Valle del Serchio; una pagina quasi sconosciuta per quanto riguarda la storiografia di Barga e allora vediamo cosa dice.
Per iniziare intanto diciamo che con l’invasione napoleonica dell’Italia del 1796, il Granducato di Toscana nel 1801 vide cacciato il suo granduca Ferdinando III per fare posto a Ludovico di Borbone reggente il neo Regno d’Etruria. Barga sino allora, geograficamente e nominalmente, era il capoluogo della Garfagnana Granducale, un’isola geografica contornata dagli stati di Lucca e Modena che detenevano il grosso della stessa Garfagnana.
Al termine della dominazione napoleonica -come tutti sanno- ci fu il Congresso di Vienna che ristabilì, con delle clausole, i vecchi regnanti in tutto l’impero francese. Nella parte dei trattati riguardanti il Granducato di Toscana si impose al restaurato granduca Ferdinando III la cessione al Ducato di Modena dell’enclaves vicariali di Pietrasanta e Barga in cambio dell’annessione alla Toscana del Ducato di Lucca, sorto proprio in virtù degli stessi trattati viennesi e da realizzarsi alla morte di Maria Luigia d’Asburgo-Lorena duchessa di Parma con l’ingresso in quella città dei duchi uscenti da Lucca che, nei fatti, avrebbero lasciato al Granduca di Toscana lo stesso Ducato di Lucca.
Al Granduca, nella prospettiva della futura annessione del Ducato di Lucca, non piaceva affatto quella clausola della dovuta cessione di Pietrasanta e Barga, perché nel momento in cui sarebbe avvenuta la formale esecuzione, di fatto gli sarebbero rimaste la Lunigiana e le terre di quel comprensorio, tra l’altro ancora più lontane senza le terre di mezzo di Pietrasanta e Barga. Una visione futura del suo stato che per niente lo affascinava, così maturando l’idea di attuare uno scambio dell’enclaves da cedere a Modena, anche perché cedendo la Lunigiana e mantenendo Pietrasanta e Barga avrebbe risolto per sempre il problema delle terre granducali staccate dal grosso dello stato. Infatti, Pietrasanta e Barga erano confinanti con il Ducato di Lucca, che una volta annesso, consentiva al Granducato di Toscana una continuità di confini.
Questo era il pensiero di Ferdinando III -morto nel 1824- all’indomani del Congresso di Vienna circa i futuri confini del suo stato in lucchesia e che attuò il suo successore, il figlio Leopoldo II. Intanto il Ducato di Lucca fu posto nelle mani di Maria Luisa di Spagna, che morta anch’ella nel 1824, cedette la reggenza al figlio Carlo Lodovico, lo stesso che aveva retto il Regno d’Etruria dal 1801 al 1807.
La prospettiva della revisione dei confini della Toscana nord-occidentale sanciti al Congresso di Vienna finì per interessare non solo il Granduca di Toscana ma anche il Duca di Modena, tantoché il 28 novembre 1844 ci fu a Firenze un incontro sull’argomento, detto segreto, tra S. A. R. l’Infante di Spagna Duca attuale di Lucca, futuro di Parma, Piacenza e Guastalla -S. A. R. l’Arciduca d’Austria Duca di Modena -S. A. I. e R. l’Arciduca d’Austria Granduca di Toscana, i quali dettero luce al Trattato di Firenze.
Nei fatti con questo Trattato si riconobbe che una parte della frontiera dei loro stati, onde togliere i vari inconvenienti provenienti da quanto stabilito al Congresso di Vienna, con facilità poteva essere migliorata “con un cambio di piccole porzioni ora isolate di Territori”.
Tale facoltà di accordi gli veniva dagli stessi trattati di Vienna, precisamente dall’Art. 98, seppur con il consenso di S. M. Apostolica e S. M. il Re di Sardegna, i quali, preventivamente contattati e invitati, furono presenti alle trattative, che ovviamente si svolsero con la partecipazione dei delegati di ogni stato interessato.
Se il Trattato di Firenze da una parte sanava però dall’altra creava nuovi e pesanti dissidi interni al Granducato di Toscana, infatti, stabiliva che Fivizzano sarebbe passato a Modena e Pontremoli a Parma “amando (il Granduca) sommamente di ritenere nei Domini propri i due Vicariati di Barga e Pietrasanta, che ora ne sono, tuttoché suoi, distaccati”. Infatti, in Lunigiana al momento dell’attuazione del distacco dalla Toscana si ebbe una vera e propria sollevazione di popolo con cariche dell’esercito modenese che lasciò sul campo almeno sette morti fra quei sudditi toscani, ai quali balenò persino l’idea di farsi crollare addosso tutti i paesi pur di non lasciare l’amato Granducato.
Comunque anche in Barga la notizia che sarebbe rimasta granducale ebbe un sapore molto più amaro che dolce. Da un lato ci fu l’orgoglio dell’interesse rivolto alle sue sorti da parte del Granduca di Toscana, in quanto se entrata nei domini di Modena, quindi nella sua provincia di Garfagnana, avrebbe perso quella sua positiva identità fiorentina che, tra l’altro, all’epoca assommava più di quattro secoli, a cui si aggiungeva la nobiltà di essere stata una delle prime terre di Toscana ad assoggettarsi volontariamente al Comune di Firenze (1331). La parte amara però fu molto più ampia. Per ora osserviamo che ci fu la perdita del territorio comunale al di là dell’Alpe di Barga, perché il Duca di Modena volle “Che quella porzione di Appennino nel Vicariato di Barga, la quale versa nel Modenese, siagli ceduta, cosicché il confine scorra sulla vetta fra i monti Piastraio e Porticciola”, tirando una linea di confine in accordo tra i commissari Estensi e Toscani, la quale segua l’esatta linea dei versanti. Comunque fu abbastanza digeribile per la semplice ragione che se Barga fosse entrata con Modena quel territorio le sarebbe stato comunque tolto, solo pensando ai gravi attriti intercorsi nel corso dei secoli -con morti- tra la stessa Modena o Ferrara e Firenze (leggi Pieve Pelago e Barga) per quel lembo di terra, oggi in parte rimasto di proprietà dell’A.S.B.U.C. di Barga.
Con il Trattato di Firenze si stabilì ancora che, quando il Ducato di Lucca fosse passato alla Toscana, l’enclaves lucchesi di Gallicano, Minucciano e Montignoso sarebbero entrate nei possessi del Ducato di Modena, come già era successo per Castiglione Garfagnana nel 1819.
Il confine della Toscana con la futura modenese Gallicano furono tracciati al torrente Tuttite Cava “Il qual torrente dovrà in seguito separare il Territorio Toscano… dal distretto lucchese di Gallicano devoluto a S.A.R. il Duca di Modena”, da qui salendo sino a sopra Campolemisi dove arriva il confine del Vicariato di Pietrasanta, mentre per Barga fu definito confine Toscano con Gallicano il fiume Serchio.
Nel delineare questi confini ci viene incontro altra prerogativa di Barga che andrà a scemare con il presente Trattato di Firenze, ossia, la storica possessione del Monte di Gragno, una vicenda che risaliva al 1256, quando gli uomini del Comune di Gragno si posero sotto l’ala protettrice di Barga con tutto il loro territorio che sconfinava al di là del Serchio, appunto, nel Monte di Gragno. Un possesso sempre contrastato da Lucca, specialmente quando Barga passò a Firenze, per il terrore lucchese di vedersi chiudere l’accesso all’alta Valle del Serchio, comunque risoltosi con Lodi dichiaranti di Lucca il Monte di Gragno sino al Serchio, però in cambio di un lauto canone da versare ogni anno al Comune di Barga.
Nei fatti, all’Art. VI del Trattato di Firenze si dice espressamente che “Il canone oggi dovuto dallo Stato di Lucca alla Comunità di Barga pel Monte di Gragno, passerà al momento della riversione a carico della Toscana, la quale si obbliga fin d’ora a far riconoscere per abrogate ed estinte tutte le clausole e condizioni dell’antico livello, in modo che il Monte di Gragno divenuto Estense, trovasi pur libero da ogni relativo vincolo”.
Per completare gli aspetti negativi va detto che per Barga la perdita della sua specificità di isola granducale significò la sua omologazione al resto del territorio lucchese che, di fatto, volle dire forzata rinuncia a tutti quei significativi privilegi e esenzioni fiscali di cui godeva “ab antiquo”; uno status vivendi che la rendeva molto avvantaggiata rispetto alle terre confinanti. Per esempio varie comunità della Valle si rifornivano del sale a Barga, dove costava la metà, un commercio che alimentò anche al contrabbando. Oppure si poteva assistere al transito da Barga di gente modenese al di là dell’Alpe, che per entrare nel lucchese con i loro commerci, fraudolentemente sfruttavano le agevolazioni doganali concesse a questo territorio, che si completavano con la famosa Tratta di Lucca, quel canone da rendere al Comune di Barga alla fine dell’anno, per questo eccesso, accanitamente contrastata dal governo lucchese.
Per meglio entrare a capire questo periodo di Barga, cioè la perdita del suo status di enclave fiorentina, rimandiamo il lettore alla lettura del libretto: Pensieri sopra alcuni importanti interessi del Comune di Barga, ecc. – Enrico Bertacchi, Firenze 1850.
Poco prima della morte di Maria Luigia d’Asburgo-Lorena duchessa di Parma, che avvenne il 17 dicembre1847, il 4 ottobre di quell’anno, senza reale pericolo di morte della stessa duchessa di Parma, il Ducato di Lucca fu venduto da Carlo Lodovico al Granduca di Toscana, in pratica anticipando il momento dell’applicazione del trattato di Firenze nei modi che abbiamo già delineato.
Questo è il momento in cui Barga -parte della cosiddetta Garfagnana Granducale- inizia a spartire la sua politica con le terre già lucchesi di Coreglia, Borgo a Mozzano, Bagni di Lucca e Pescaglia, che potremmo definire, almeno in parte, la bassa Garfagnana, mentre il resto dell’alta Garfagnana lucchese passerà tutta a Modena, andando a completare la provincia modenese di Garfagnana.
L’8 novembre 1847 partì da Barga una lettera del Gonfaloniere Salvadore Menchi, che diretta al granduca Leopoldo II, indicava il futuro che si aspettava il Vicariato di Barga da questa unione. Ovviamente si tratta di un qualificante ruolo di guida tra le comunità sopra ricordate e questo in virtù dell’importanza che rivestiva Barga, secondo il tenore della sottostante lettera “la piazza più importante tra Lucca e Modena” ma vediamone il contenuto:
“Assicurate le sorti di Barga col trattato politico del 28 novembre 1844, che la riscatta dai destini riserbati alla medesima nel Trattato di Vienna del 1815, riunito il Ducato di Lucca alla Toscana, e spariti per tal unione gli angusti confini, i quali circoscrivevano la detta Terra, deve augurarsi l’infrascritto Gonfaloniere servo e suddito umilissimo di S.A.I. e M. di vederla centro di più esteso territorio, sia che si consideri la sua posizione topografica, il suo materiale, la sua popolazione, sia che si abbia riguardo alle Istituzioni, ed agli stabilimenti in essa esistenti, sia infine che si consultino le Istorie nelle quali Barga è dichiarata Capoluogo della Garfagnana, la piazza più importante tra Lucca, e Modena, il centro di ben 28 comunelli, estendendosi a settentrione, fino a Fosciandora ed a mezzo dì fino a Calavorno!
Allorché i confini giurisdizionali di Barga, mediante l’aggregazione di altre comunità divenendo questo Vicariato centro delle medesime, conseguirà fuor di dubbio notevoli vantaggi, senza contare il maggior lustro di questa Terra, il maggior concorso dei di lei mercati, la residenza di un maggior numero d’impiegati, e lo sperabile aumento di popolazione.
Per le sopra espresse considerazioni l’Oratore infrascritto prostrato al R. Trono supplica umilmente l’I. e R. A. Va a degnarsi di prendere a cuore gl’interessi di questa devota Popolazione nelle imminenti Riforme Municipali, e nuova divisione territoriale del Ducato di Lucchese, in vista degli esposti titoli pei quali Barga può con tutta ragione ottare preferibilmente a tutte le Comunità esistenti fra essa e quelle del Borgo a Mozzano, ed esser considerata centro e Capo luogo delle medesime.
Barga dal Palazzo della Comunità -Lì 8 novembre 1847. (Impostata per Firenze questo dì).
Ad un simile tipo di lettera è quasi impossibile far seguire una risposta. Senz’altro se ne prese atto e magari si comunicò qualcosa a voce. Comunque sia stato, per certi versi il ruolo che si dette a Barga fu maggiore rispetto alla richiesta, perché non si limitò il suo raggio d’influenza ai confini descritti nella lettera del Gonfaloniere Menchi, ossia, dal limite di Fosciandora sino a Calavorno, ma in parte si aprì sino all’allora Bagno a Corsena, oggi Bagni di Lucca.
In pratica ci fu una divisione del Compartimento di Lucca in aree diremo amministrative, con la Garfagnana Lucchese divisa tra Barga e Borgo a Mozzano. La prima raggruppando nella sua Cancelleria il Comune di Coreglia, mentre la seconda i comuni di Bagno a Corsena e Pescaglia. Però il Comune di Bagno a Corsena, seppur nella Cancelleria di Borgo a Mozzano, per quanto riguardava il Delegato della Prefettura di Lucca e la Pretura Criminale doveva far riferimento agli uffici di Barga.
Con il tempo Barga iniziò a perdere d’importanza e il centro politico e capoluogo di uno dei tre distretti in cui era diviso il Compartimento di Lucca iniziò ad essere individuato unicamente nel Comune di Borgo a Mozzano, al quale fu totalmente aggregato il Comune di Bagno a Corsena.
A Barga rimase aggregato il Comune di Coreglia con tutti gli uffici prima ricordati a cui si aggiungeva l’uffico del Registro e quello del Censo.
Nel 1845 la popolazione del Comune di Barga assommava a 7.194 abitanti, divisa tra: Albiano 297 -San Pietro in Campo 804 -Castelvecchio di Barga 387 -Loppia 1692 -Sommocolonia 547 -Tiglio 927 e Barga 2540.
Nel 1849 gi abitanti del Comune di Barga erano 7534, mentre nel 1856 erano aumentati a 7708 e così suddivisi nelle sue frazioni: Albiano 315 -San Pietro in Campo 868 -Castelvecchio 416 -Loppia 1852 -Sommocolonia 642 -Tiglio 843 e Barga 2772.
Abbiamo parlato di come era divisa la Valle del Serchio oltre 150 anni fa e se non fosse per qualche nome cambiato, degli involuti numeri abitativi e della presenza di ducati e altro, parrebbe di essere ai giorni nostri, perché nella sostanza niente è cambiato.
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