Dedicato a Gino Bartali. Il grande ciclista divenuto un mito per generazioni e generazioni di sportivi è stato ricordato questa mattina a Barga, ultimo appuntamento degli eventi in programma per la celebrazione della Giornata della Memoria, per non dimenticare l’eccidio del popolo ebraico. Stamani l’intitolazione al grande campione di sport e di vita di una via del Piangrande. Il perché questa iniziativa faccia parte degli eventi della Giornata della Memoria è presto detto: Bartali è stato ricordato soprattutto per la sua grande generosità ed il suo coraggio. Si adoperò in più di un’occasione per aiutare famiglie di ebrei perseguitati durante la seconda guerra mondiale e proprio in riconoscimento di questo gesto a Barga il nome di Bartali è
entrato a pieno titolo nella sua toponomastica.
Lo ha spiegato bene nel suo intervento il sindaco Marco Bonini, nella sala consigliare di palazzo Pancrazi dove sono stati accolti per il benvenuto ufficiale, i figli Andrea e Bianca Maria. Assieme al sindaco a salutare la famiglia Bartali ed il numeroso pubblico, l’assessore allo sport Gabriele Giovannetti e la consigliera alla cultura, Giovanna Stefani.
Non è mancata anche la presenza di vecchie glorie dei ciclismo nazionale: Mauro Gianneschi, Giovanni Corrieri e Renzo Soldani, premiati anche loro durante la mattinata per i loro meriti sportivi.
L’intitolazione della via Bartali che si trova presso via Bruno Cordati vicino allo stadio comunale, è avvenuta al termine di una mattinata intensa, caratterizzata dal bel ricordo di Gino Bartali da parte del figlio Andrea. Come ha ricordato, Gino Bartali, l’asso del ciclismo che proprio a causa della seconda guerra mondiale vide penalizzata una carriera che sarebbe stata ancor più straordinaria, è stato un vero eroe per le popolazioni ebraiche. Nascose nella cantina casalinga, a Firenze, la famiglia di Giorgio Goldenberg, ebreo di origine fiumana, oggi 78enne e residente in Israele, salvandole la vita nell’ultimo periodo dell’occupazione nazista.
Ma non solo: in sella alla sua bici con il pretesto di fare gli allenamenti faceva la spola tra Lucca, Firenze, Assisi e Genova raccogliendo i fondi provenienti da conti degli ebrei per salvare quanta più gente possibile.
La scusa era di allenarsi per le corse ciclistiche che sarebbero riprese appena finito il conflitto ma Gino pedalava per la libertà di tanti ebrei. Nel sellino della bicicletta nascondeva nuovi documenti di identità che avrebbero consentito di salvare circa ottocento ebrei che erano nascosti in case e conventi della Toscana e dell’Umbria.
Per queste 800 vite salvate, il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, conferì a Gino la medaglia d’oro al merito civile, alla memoria, appuntandola al petto della signora Bartali.
Prima dell’intitolazione della via al grande Gino, la cerimonia è stata caratterizzata anche dalla partecipazione di un gruppo di atleti del gruppo Ciclistico Barga che hanno voluto omaggiare il campione con indumenti e biciclette d’epoca e con una pedalata storica dal Comune fino a Via Bartali.
GINO BARTALI EROE CIVILE
Una delle frasi più ricorrenti che comunemente vengono pronunciate nel descrivere le imprese di Bartali ricorda quando “salvò l’Italia dalla guerra civile”; con questa frase si allude alla vittoria di Bartali al Tour de France del 1948.
L’Italia era segnata dalla forte divisione fra comunisti e democristiani, divisione che s’inasprì ulteriormente dopo l’attentato a Palmiro Togliatti (14 luglio); la notizia di Bartali vincitore del Tour parve distogliere gli animi da propositi rivoltosi.
Ma oltre alle imprese sportive in occasione della Giornata della Memoria va ricordata una parte della vita del famoso ciclista su cui è stata fatta luce solo da pochi anni e che era rimasta sconosciuta ai più.
Il periodo di riferimento è quello relativo al momento finale del secondo conflitto mondiale, sono gli anni tra il 1943 ed il 1945 – gli anni in cui l’Italia era scossa dalla guerra, dai bombardamenti, dall’occupazione nazista, dalle stragi di civili, dai rastrellamenti e dalle deportazioni di massa – In questa fase le nostre terre erano attraversate dalla Linea Gotica (su cui si fronteggiavano soldati tedeschi e le forze alleate); questo comportò probabilmente un’ulteriore sforzo e sofferenza per i nostri compatrioti. Proprio questi anni videro Gino Bartali come attivo collaboratore di una rete clandestina creata dall’ebreo pisano Giorgio Nissim, dai Padri Oblati di Lucca (ricordiamo in particolare padre Arturo Paoli – che ha portato la sua testimonianza lo scorso anno a Barga – che proprio per questo impegno è stato proclamato “Giusto tra le Nazioni”) e altri conventi tra la Toscana e l’Umbria, ma non vanno dimenticati i semplici cittadini, i civili, che si prodigarono per aiutare con ogni mezzo i perseguitati dai nazifascisti.
Ebbene, grazie all’intensa attività di questa rete furono salvate le vite di circa ottocento ebrei.
Giorgio Nissim teneva i contatti tra gli ebrei perseguitati e i conventi, come appunto quello degli Oblati di Lucca, presso i quali bisognosi di rifugio poterono trovare accoglienza e ospitalità.
Ed arriviamo all’attività, fondamentale, svolta da Gino Battali all’interno di questa organizzazione; suo compito era quello di trasportare, nascosti nella canna della sua bicicletta, le fotografie e altre informazioni che sarebbero servite per realizzare i documenti falsi per gli ebrei rifugiati nei conventi; grazie a queste carte avrebbero avuto una nuova identità dando loro la possibilità di salvarsi dall’arresto, dall’internamento nei campi di concentramento e da morte probabile.
Bartali mascherava questa attività di “staffetta” facendo passare queste lunghe pedalate per la Toscana (ma si spinse anche fino a Genova, Assisi e Roma) come allenamenti per tenere in forma il suo fisico in vista delle gare che certamente sarebbero riprese alla fine della guerra. E’ probabile che uno dei motivi di questo suo impegno vada ricercato nella fede cattolica così radicata in lui, una fede che lo spinse a mettere la sua vita in pericolo per salvare quella di altri esseri umani, diversi solo per credo religioso.
Recentemente è stata resa nota la testimonianza dell’ebreo Giorgio Goldenberg che ha raccontato come lui stesso e la sua famiglia trovarono rifugio a Firenze nella cantina di una casa di proprietà di Gino Bartali e di suo cugino Armandino Sizzi.
Nonostante i molti anni trascorsi da questi avvenimenti è sorprendente constatare come testimonianze e sentimenti di gratitudine non vengano a diminuire ma, al contrario, siano continuamente rinnovati nel corso del tempo.
Potremmo perciò definire Gino Bartali eroe civile grazie agli atti di altruismo, compiuti senza clamore, che lo hanno accompagnato durante la vita.
A cura della dott.ssa Federica Fontana
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