Sappiamo già molto sul Duomo di Barga, ma, data la sua storia millenaria, tanti tasselli ancora sono da sistemare. Ad esempio, sappiamo che già molto prima dell’anno Mille la Pieve di Loppia aveva grande importanza, tanto che, anche Barga, con la sua piccola chiesa, ne dipendeva. Cosa è stato, dunque, che nei secoli, ha ribaltato le sorti delle due chiese e fatto guadagnare splendore e importanza a quello che è diventato il Duomo di Barga?In che modo si è trasformata quella chiesetta sul colle in un magnifico tempio? Quali sono state le vicende storiche che hanno portato a questo progresso?
“Il duomo di Barga da semplice chiesa a Pieve”, un opuscolo scritto da Pier Giuliano Cecchi, può offrire alcune risposte, ricostruendo da notizie di archivio e fatti storici consolidati il percorso che – tra dominazioni lucchesi e fiorentine e il forte senso di indipendenza barghigiano – hanno portato una cittadina murata così piccola a costruire, modificare, ampliare, arricchire la propria chiesa fino a portarla allo splendore che oggi tutti conoscono.
Ecco come l’autore (che potrete contattare per avere il lavoro integrale) presenta il manoscritto:
“Questo mio lavoro di ricostruzione storica dell’evolversi del nostro Duomo da piccola chiesetta a pieve Battesimale – anni 764 e 1256 – è stato ispirato dalla lettura del libro “Le origini di Barga e il culto di S.Cristoforo” dell’amico prof. Stefano Borsi, come già in precedenza mi aveva messo su questa via il libro “Il Duomo di Barga” dell’altrettanto amico prof. Piercarlo Marroni, a cui unisco il precedente studio della carissima Maria Vittoria Stefani: “Tre secoli di storia Barghigiana”, il quale dette risalto alla specificità di Barga nei tre secoli dopo il Mille.
Non pretendo di andare più in là dei loro lavori condotti con buon discernimento e scientificità, mi sono solamente sentito in grado di dire qualcosa in merito, una sorta di indagine ragionata, frutto della mia passione per la storia di Barga che coltivo da sempre.
Passione e stimolo che mi hanno condotto ad analizzare diverse cose accadute a Barga in quei tempi, essenzialmente nei primi secoli dopo il Mille, filtrate attraverso il mio sapere appreso da diverse letture storiche sul periodo e pubblicate in vari tempi.
A proposito delle varie ricostruzioni storiche mi sento di dire che forse mai come oggi, alla luce dei due studi di Borsi e Marroni, si è parlato del nostro Duomo in maniera così intrigante, ovviamente nel senso positivo del termine.
I precedenti studi da me letti e non sono pochi, ottimi sotto il profilo storico e scientifico, quasi tutti hanno sempre avuto il limite di distendersi sui documenti cartacei e qui non c’è che dire, ma tenendo in poca considerazione o tralasciando di far concorrere sinergicamente al risultato finale quei grandi e piccoli libri di pietra che a profusione si fanno notare sui muri e all’interno del Duomo. In altre parole trascurando l’idea di cogliere un racconto al di là del codificato e che la chiesa di Barga offre alle indagini.
In questo lavoro ci sono diversi spunti di riflessione, fors’anche esposti timidamente o solamente accennati, però ispirati dalla indotta valenza di quelle sculture, le quali non possono che avere una loro logica; riflessioni che cercano di interpretare anche certi documenti.
Fino ad oggi, salvo eccezioni, la ricostruzione della storia ecclesiastica di Barga, come accennato, ha seguito uno stereotipo codificato su studi ottocenteschi a cui si è aggiunta altra documentazione, da cui emerge un quasi rifiuto di andare un poco più in là di quanto già detto.
In Barga sono ancora vangeli gli studi ottocenteschi di Groppi, Magri ed altri, le cui conclusioni sono spesso imitate ad alto livello. Sia chiaro che i due, come gli altri di quel lungo elenco che scende nel sec. XIX, meritano tutto il riverente omaggio di Barga, spesso dimentica di tanta intelligenza e amore per la Terra che li vide nascere, o li accolse, e per essa soffrire le pene dello studioso. (Il centenario della morte di Pietro Magri, 16 ottobre 2004, nonostante lo facessi presente in un pubblico incontro, passò sotto silenzio). Quindi, al di là dell’inciso, guai a dimenticarsi di sfogliare i loro testi, perché c’è sempre tantissimo da imparare; ma ovviamente gli studi devono proseguire.
Di Magri mi piace rilevare il suo intelligente acume indagatorio sulla storia del Duomo, che lo accomuna agli amici ricordati, tanto da sentirlo tutti un “maestro” per passione e voglia di indagine.
Criticare è più facile che fare? Ebbene ho provato la seconda soluzione e ho scelto il fare, ovviamente e lo ripeto, da poco più che “alfabetizzato” alla storia di Barga, ma con amore. Solo questo.”
Pier Giuliano Cecchi
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