Per tutta l’estate, esattamente dal 26 giugno sino al 31 agosto, è visibile nella chiesa del SS. Crocifisso di Barga una bella mostra fotografica organizzata dall’Istituto Storico Lucchese Sezione di Barga, pensata e curata personalmente dall’attivo socio Angelo Pellegrini, grande appassionato di fotografia e cultore delle vicende storiche e artistiche di Barga.L’iniziativa, che vede l’importante sostegno del Comune di Barga e dell’Unità Pastorale di Barga, S.Pietro in Campo e Sommocolonia, così viene introdotta nella locandina: “In questo lungo periodo storico Barga ha seguito la sorte e la cultura dello stato fiorentino. Questa “carrellata” è buona parte delle cose notevoli attinenti maggiormente al centro storico ed al periodo; in particolare al Cinquecento, il “secolo d’oro”.Le immagini sono circa un centinaio e tutte testimoniano del grado di civiltà raggiunto da Barga nel corso di quei cinque secoli in cui respirò la
“salubre” aria fiorentina, tradotta in costruzioni di notevole importanza: palazzo Pancrazi, oggi sede del Comune – palazzo Balduini, che in ampiezza concorre col maestoso Duomo di Barga – il Teatro dell’Accademia degli “Indifferenti”, oggi “Differenti”, ecc. Segue la “carrellata” con foto di opere d’arte di notevole pregio, tra cui quelle del barghigiano Baccio Ciarpi (1574-1654), che da quella Roma ispirata dai pittori fiorentini, inviava i suoi lavori ad abbellire le chiesa dell’amata piccola patria; senza dimenticare i Bizzelli, Pignoni ed altri, che anch’essi contribuirono alla bellezza delle nove chiesa di Barga. Si passa poi a delle immagini di Terrecotte Robbiane, le quali ornano in gran numero gli antichi luoghi francescani e il Duomo.
Ma la mostra ha il suo punto forte nell’indicare quali e quante fossero le opere d’arte racchiuse racchiuse nell’antico Castello di gloriose memorie, che oggi, o sono state distrutte dalla mano devastante dell’uomo, o sono state asportate all’estero.
Si inizia con la fotograrfia del distrutto palazzo Micheluccini, le cui origini affondavano nel XIII secolo – altro secolo d’oro di Barga – tempo in cui Guido da Como, testimoniato in documenti come presente in Barga, dette corpo a quel capolavoro dell’arte medievale europea che è il pulpito del Duomo di Barga. La distruzione del palazzo avvenne nel 1951 ad opera del Comune di Barga che ne era divenuto il proprietario, in quanto devastato dagli eventi bellici della “Linea Gotica” 1944-45, anche se si disse che in parte poteva essere recuparato. L’importanza di quel palazzo ce la dice la storia, infatti lì era la sede dei Capitani di Parte Guelfa di Barga.
Si passa poi al “distrutto” monastero dei frati agostiniani, che era situato in piazza S.Maria Novella detta “l’Aiaccia”, oggi piazza Angelio, in omaggio al grande barghigiano e poeta latino della “Siriade”, del quale parleremo in ultimo. Il Monastero fu soppresso, con gran dolore di Barga, dalle lungimiranti leggi riformatrici leopoldine nel 1782 (giova ricordare che le riforme napoleoniche si ispirarono in parte a questo autorevole precedente). Del Monastero in mostra c’è una bellissima foto tratta da un documento del XVIII° secolo, opera del cartografo di Castiglione Garfagnana Domenico Cecchi, il quale nel 1741, chiamato a Barga dai frati perché rifacesse il Terrilogio dei beni da loro posseduti, di quel Monastero ne fece l’immagine in prospetto generale e da lì è tratta l’immagine fotografica in oggetto. Sino ad oggi quell’immagine del disegno veniva pubblicata di anonimo, ma finalmente nella mostra di Pellegrini si chiarisce a tutti i barghigiani chi sia il suo autore.
Ma le note più interessanti ci vengono dalle fotografie ritraenti lavori robbiani di Barga oggi presenti in importantissime collezioni estere. Come il “Cristo nell’orto dei Getsemani” di Luca della Robbia il Giovane (1475-1548), che dal convento di S.Francesco, con un anonimo acquisto nel tempo in cui era chiuso per le riforme napoleoniche, arrivò nel XIX° secolo al Louvre di Parigi. La storia della fotografia in mostra va anche un poco raccontata, perché tutti sapevano che fosse là quell’opera ma nessuno l’aveva mai ritratta nei suoi colori, fino a che Pellegrini non raccontò la sua storia ad una barghigiana che si recava spesso a Parigi, da qui è facile capire il seguito.
L’altra opera “robbiana” in mostra e che non è più a Barga è il “Cenacolo”, ispirato a Giovanni della Robbia (1469-1529) dal capolavoro di Leonardo da Vinci. Anticamente era nel refettorio del convento di S.Francesco a Barga, ma subì l’identico destino della precedente opera, però finendo al Victoria and Albert Museum di Londra.
Chiudiamo il nostro exscursus con una nota di colre, fornitaci dall’osservazione della foto che ritrae Pietro Angeli, detto il Bargeo o l’Angelio (1517-1596), tratta da una pittura del XVI° secolo di Alessandro Allori (1535-1607) conservata nel corridoio vasariano degli Uffizi di Firenze. La nota consiste nella somiglianza dell’immagine del Poeta, il volto, con quella che è nel quadro esposto nella sala del Consiglio di Barga. Fino a qui niente di strano, anzi tutto pare ovvio, senonché l’immagine pittorica del corridoio vasariano, al tempo che fu portata in originale a Barga per la mostra Medicea del 1980, quasi quasi la si riteneva di dubbia appartenenza all’Angeli, al di là del fatto che la catalogazione agli Uffizi fosse degna di fede. Il dato che faceva nascere il dubbio era che nell’immagine fiorentina l’Angeli ha un inconsueto pizzo diviso in due che gli scende sino al petto, mentre in Barga, per l’immagine del Comune e del busto marmoreo che svetta sulla sua casa, la sua iconografia era sempre stata ravvisata, sì con barba, ma contenuta.
Veramente è una mostra da non perdere, perché oltre alle immagini di tanta e importante storia, qualificanti Barga nei secoli passati e in quelli che verranno, si colgono aspetti poco noti e stimolanti soprattutto l’attenzione ai tanti capolavori che tra queste mura si conservano. Quindi ci sentiamo di dare spazio all’auspicio formulatoci da Pellegrini, quello di riuscire, al di là dell’occasione della mostra concepita tra fotografia e storia dell’arte, ad accrescere nei barghigiani il buon sentimento della custodia e valorizzazione di un patrimonio inestimabile.
Pier Giuliano Cecchi.
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