Barga e Firenze: una lunga storia plurisecolare, iniziata nel corso del 1300, materialmente interrotta con l’unità d’Italia, ma spiritualmente ancora viva per quel filone di memorie che ci unisce e per il sentimento di riconoscenza che non possiamo fare a meno di riservare alla città del Giglio.Il vecchio castello medievale ricco di testimonianze del periodo e la civiltà che ci contraddistingue ne sono la fede; ma anche tanti personaggi ci ricordano e ci riconducono agli illuminati Medici prima, poi ai Granduca di Toscana.
Il più noto è certamente l’umanista Pietro Angeli, il Bargeo, la cui effige è immortalata in un bel quadro tra i tanti personaggi che ornano il corridoio “vasariano” della Galleria degli Uffizi a Firenze.
Ne potremmo citare altre che lo spazio, purtroppo, non consente; quindi, anche per restare al soggetto dell’articolo, poniamo l’attenzione sul valente scultore cinquecentesco Pietro Simoni da Barga.
Tra i motivi dell’interessamento è che questi, salvo qualche citazione novecentesca, non sia mai stato trattato dai nostri scrittori di storia, questo perché se n’è conosciuta l’esistenza solo nel corso del 1900, poi anche perché, la pochezza delle notizie al suo riguardo ha reso difficile affrontarne l’argomento.
Possiamo quindi affermare che Pietro Simoni è un illustre barghigiano che al dì là del nome resta sconosciuto, o conosciuto agli affezionati alle nostre memorie; anche se Barga lo onora, credo dal 1994, con l’intitolazione di una piazza e di ciò, assieme ad altri, ne sono un poco responsabile.
Per quanto riguarda l’esistenza della sua persona se n’ebbe notizia solo nel corso del 1916, prima di quella data se n’era persa del tutto, o quasi, la memoria. Il merito spetta allo studioso Giacomo de Nicola, il quale ravvisò in un gruppo di bronzetti conservati al Museo Nazionale del Bargello di Firenze, la mano di Pietro da Barga. Il cognome Simoni sarà una scoperta successiva, di cui parleremo più avanti.
A Barga la notizia dell’importante scoperta, forse, si diffuse grazie al Prof. Cesare Biondi, che ne fece menzione nel bel saggio “Giovanni Pascoli a Barga” che gli fu richiesto per il libro “Lucca a Giovanni Pascoli” edito nel 1924.
Nell’introduzione del suo scritto, dove intrattiene il lettore sulla storia e le glorie di Barga, come scrisse, forse aspetti sconosciuti al Pascoli quando venne tra noi, citò tra le altre personalità lo scultore Pietro da Barga, evidenziando in una nota la fonte della nuova notizia, ossia, de Nicola e la rivista su cui era apparsa: “The Berlington Magazine” di Londra.
Per quanto riguarda la famiglia barghigiana cui appartenne Pietro da Barga, i Simoni, si dovette aspettare da quel 1916 più di settant’anni e la scoperta si deve ad Anna Maria Massinelli col saggio: “L’identità di Pietro Simoni da Barga”, il quale fu pubblicato nel 1987 nella rivista “Critica d’arte” curata da C.L.Raggianti.
Ufficialmente spetta a lei, anche se tra gli studiosi di Barga, c’era già chi lo aveva intuito.
La Massinelli ci fornisce altre importanti notizie, come ad esempio che Pietro Simoni era operante a Roma circa gli anni 1570-1587, al servizio del cardinale Ferdinando dei Medici, poi duca Ferdinando I di Toscana, nella sua villa sul Pincio. Inoltre che non era solo un apprezzato scultore, ma anche un valido intagliatore di pietre.
I modelli che Pietro Simoni eseguiva, erano trasformati in bronzetti nella fonderia di Bastiano Tragittatore e le opere ultimate andavano ad ornare gli interni della villa Medici, parimenti le opere ricavate dall’intaglio dell’alabastro e dell’avorio – come un crocifisso di tale natura – o da pietre preziose.Tra il ‘600 e il ‘700, trasferiti gli arredi della villa, i bronzetti di Pietro Simoni giunsero a Firenze, per poi entrare nella seconda metà del settecento nella Galleria degli Uffizi e di seguito al Bargello.
Nel 1587, con la nomina a Duca di Toscana, il cardinale Ferdinando dei Medici fece rientro a Firenze, portando con se Pietro da Barga; ed è dai documenti storici attestanti i pagamenti mensili che il Duca faceva alla sua persona che la Massinelli trovò scritto il cognome Simoni.
A questo punto due parole sulla famiglia Simoni di Barga vanno spese.
In Barga i Simoni ebbero un certo rilievo, erano censiti ad estimo e alcuni di loro, nei vari tempi, ricoprirono tutte le cariche del Comune.
Nel ‘300 si ricorda Simone di Maestro Ranieri da Barga, ritenuto un Simoni, il quale ebbe un ruolo di primo piano in Lucca. Vicino alla famiglia Castracani, fu tra i delegati per i trattati della libertà Lucchese dalla dominazione Pisana del 1369. Svolse anche altre importanti missioni di pace ed anche di guerra al comando delle truppe lucchesi.
Un Giulio nel corso del 1600 scrisse una storia di Barga e della Garfagnana, rimasta manoscritta ed oggi dispersa, i cui risultati furono utili a Don Filippo Verzani per scrivere la sua storia di Barga.
Dai libri del Comune si apprende che nel 1570, nel quartiere di Macchiaia, esisteva Domenico di Giovanni Simoni, forse un diretto parente di Pietro, il quale fu eletto con altri di Barga e di Sommocolonia per la riforma delle “borse” per gli incarichi del Comune.
I Simoni si spensero a Barga nel 1700 con la famiglia di Piero abitante nel quartiere di porta Reale, il quale ebbe una figlia. Nel 1714 si ricorda anche suor Maria Caterina Simoni del Convento di S. Domenico a Barga.
Del nostro Pietro troviamo altre notizie nel libro “Bronzetti dal sec. XV al XVII” del museo del Bargello, dove dello stesso sono ammirabili diciotto opere nella sala, appunto, dei bronzetti, assieme ad altre del Bandinelli, Giambologna, ecc.
Il bronzetto rinascimentale aveva la funzione principale di memoria storica dell’arte classica e i Medici commissionavano ai loro artisti anche riproduzioni in piccolo di opere antiche: “Alla traduzione in bronzetto di opere antiche…ma anche di famose sculture moderne, come il Cristo della Minerva di Michelangelo…si dedicò in particolare Pietro da Barga, raro scultore prediletto da Ferdinando I de’ Medici”.
Abbiamo aperto l’articolo col ricordo di Pietro Angeli e ciò ha un suo significato, che va oltre l’ovvia citazione. Difatti l’Angeli, che consigliava i Medici in materia d’antichità, fu colui che condusse da Barga a Firenze Pietro Simoni. L’importante citazione si apprende dal libro della mostra “Magnificenza alla corte dei Medici” che si tenne a Firenze nel 1997 e precisamente nella scheda dedicata allo scultore Pietro da Barga, dove è riportato, tra l’altro, un singolare fatto storico accaduto all’unica opera dello stesso esposta alla mostra e che riportiamo per far capire la sua maestria.
Pietro da Barga nel 1579 eseguì un bronzetto raffigurante Giasone, l’eroe al quale si era ispirato CosimoI. A quest’opera gli fu commissionato di unire, sulla testa di Giasone, saldandolo, un bronzetto etrusco in quel tempo ritrovato in uno scavo, raffigurante un amorino, così da comporre l’insieme mitologico: Eros che versa il nettare nella bocca di Giasone. Perso il nome col quale l’opera era stata inventariata nel 1589 e così sapientemente composta dal nostro Pietro, col passare dei secoli fu ritenuta un capolavoro dell’arte ellenistica e nel 1800, con questa caratteristica, esposta al Museo Archeologico di Firenze.
L’autore della scheda citata, Erkinger Schwarzemberg, nota: “Il fatto che dal 1589 al 1991 nessuno abbia osato esprimere dubbi sull’autenticità del bronzetto dimostra la bravura di Pietro nell’assimilare la maniera antica”.
Di Pietro Simoni da Barga il Bargello non ci ha fornito altre informazioni oltre alla citazione di sue notizie dal 1571 al 1588. Le diciotto opere in mostra variano da trenta a cinquanta centimetri d’altezza e veramente sono, per dirla con Cesare Biondi, “scolpite con leggiadria e sicurezza di linea”.
Nella foto un’opera di Pietro Simoni
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